Mahmood: «Ddl Zan? Il Paese deve aiutarci. In Senato e sui social si sentono cose da 1800» – La videointervista

Il cantautore milanese racconta a Open il senso di essere un cittadino, prima che un artista. Parla di due leggende della musica, scomparse nel 2021, e del suo ultimo album, «Ghettolimpo», che definisce «un’unione di due mondi che mi appartengono»

Prima che i Maneskin conquistassero le classifiche internazionali, un altro artista della nuova generazione musicale italiana – multietnica, queer, che non rifugge generi e modelli artistici, ma li amalgama – ha raggiunto le vette degli streaming di mezza Europa. Mahmood, con Soldi, arrivato secondo all’Eurovision del 2019. Da allora, tra concerti, musica e partnership commerciali, è iniziato un lungo lavoro di cesello, penna e beat. Un lavoro di scrittura intimo che ha portato alla pubblicazione del secondo album in studio: Ghettolimpo, uscito l’11 giugno 2021.


La copertina di «Ghettolimpo», uscito l’11 giugno 2021

Ma l’impegno musicale del 29enne Alessandro Mahmoud – questo il suo vero nome – non l’ha allontanato dalle battaglie che riguardano millennial e gen Z. «Non sono solo un artista, io sono un cittadino», spiega. «Se viviamo in una società in cui certe cose non sono scontate, la tutela di alcune persone non è scontata, il nostro Paese ha bisogno del ddl Zan». E mentre attende la seconda dose del vaccino, parlando con Open, dice: «Per i vaccini, come per il ddl Zan, è una questione di diritti, di tutela e di amore verso il prossimo».


Battiato e Carrà «due grandissime perdite». I Maneskin? «Sono bellissimi, sembrano una cartolina sul palco»

«Franco Battiato, con le sue canzoni, ci ha insegnato a spaziare con la fantasia. Mi ha aiutato molto. Raffaella Carrà sembrava un’aliena, ma era contemporaneamente una di noi. Ora che non c’è più ci fa strano, perché è come se ci fosse sempre stata». Mahmood ricorda con un sorriso amaro le «due grandissime perdite» che l’Italia ha avuto in questo 2021. Guardando al futuro, tuttavia, c’è una nuova generazione di talenti che sta conquistando le scene internazionali. Tra loro c’è il cantautore di Gratosoglio, periferia di Milano, ma anche i romani Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio. «Sono molto felice per i Maneskin, ma sarei stato ancora più felice se nella top Spotify mondiale ci fosse stata una loro canzone in lingua italiana. Comunque, sono dei ragazzi che per me hanno un grandissimo talento, soprattutto nello stare sul palco. Sono degli animali da palcoscenico, si è visto anche a Sanremo: sono tutti bellissimi, sembravano una cartolina. Incredibile».

L’ultimo disco di Mahmood, Ghettolimpo, «è una via di mezzo tra la mitologia e il ghetto, due mondi che mi appartengono»

Mito, alto, e realtà, bassa, si fondono nella ricercatezza dell’ultimo disco di Mahmood, Ghettolimpo. Il titolo dell’album, quasi un ossimoro univerbato – il ghetto, luogo chiuso per definizione, e l’olimpo, uno spazio immaginario, pressoché illimitato – non vuole nascondere una contraddizione. «È piuttosto l’unione di due mondi che mi appartengono – afferma l’artista -. È un disco che sta un po’ nell’aria. Una via di mezzo tra la mitologia greca, una passione che ho da bambino, e il ghetto che è la quotidianità più bassa che ho vissuto». Ghettolimpo non ha l’ambizione di rappresentare, in musica, la storia delle divinità classiche. Tantomeno è un racconto di vita di quartiere, la periferia non è l’orizzonte dell’album. Piuttosto, è un luogo di incontro «tra alto e basso. E si ferma lì, nel mezzo, dove gli eroi di tutti i giorni sono le persone normali».

Video editing: Vincenzo Monaco

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