«Lo hanno ucciso»: le teorie del complotto su Giuseppe De Donno morto

A poche ore dalla scomparsa dell’ex primario dell’ospedale di Mantova che pubblicizzava la cura del plasma iperimmune, montano le teorie della cospirazione. Cosa hanno scoperto le ricerche sul plasma iperimmune contro la Covid-19

«Hanno ucciso il dottor De Donno. Lo hanno ucciso i piccoli schiavi con le loro menzogne, con la loro cecità imposta, con il loro odio spacciato a reti unificate. La sua colpa è stata salvare delle vite, ma salvarle davvero, curando la malattia che li stava uccidendo, strappandoli da un protocollo che li avrebbe condannati». Comincia così uno dei tanti post di teorie del complotto sulla morte di Giuseppe De Donno, ex primario dell’ospedale Carlo Poma di Mantova e da alcune settimane medico di base a Porto Mantovano. De Donno si è tolto la vita nella giornata di ieri: è stato trovato impiccato nella sua abitazione di Curtatone. Il medico, 54 anni, sposato e con figli, non ha lasciato messaggi per spiegare il suo gesto.


De Donno, scrive oggi il Corriere della Sera, già da tempo soffriva di problemi di salute che si andavano a sommare alle difficoltà lavorative. Tra febbraio e marzo 2020 era diventato una specie di simbolo della presunta cura del plasma contro il Coronavirus, ingaggiando anche polemiche con il virologo del San Raffaele Roberto Burioni dopo uno status in cui sosteneva che la sua terapia fosse a costo zero ma osteggiata dalle case farmaceutiche. Questo lo aveva fatto diventare in breve tempo (e suo malgrado, visto che successivamente se ne dissociò) un alfiere dei negazionisti della Covid-19 e dell’universo complottista italiano. Proprio per questo oggi i gruppi a lui dedicati urlano all’omicidio.


«Non volevano più aver avanti un personaggio scomodo…non volevano più vedere… Giuseppe De Donno…. Bene..Benissimo…. ora ne vedranno a milioni…», scrive Samuele nel gruppo facebook Verità per il Dottore De Donno. «Non so se fosse un uomo giusto o buono, so che la sua colpa è stata salvare vite, fare quel che un medico giura di fare, quel cui dedica la sua esistenza. E so chi lo ha ucciso, come lo sapete voi, come lo sanno loro. Sappiamo perfettamente chi sta uccidendo milioni di persone, con virus reali o immaginari, protocolli medici fatti di attese e menzogna, decreti costruiti su numeri falsati e proclami al rilancio di odio e veleno. Lo sappiamo noi e lo sanno loro», aggiunge invece Tonio.

I gruppi Facebook su De Donno

A schierarsi con i complottisti sulla morte di De Donno è anche il conduttore radiofonico Red Ronnie in un video su Facebook in cui dice che «il Dr. Giuseppe De Donno, dopo aver salvato tante vite, è stato emarginato e oggi ha deciso di abbandonare questo pianeta… o forse qualcuno ha deciso che dovesse andarsene». Il video viene postato nel gruppo Noi sosteniamo De Donno in cui risuona lo slogan “Noi non siamo mammalucchi” con cui chiudeva il post in cui pubblicizzava la cura al plasma all’inizio del lockdown. E sempre nel gruppo si posta il video della sua intervista in cui parlava della cura del plasma iperimmune e denunciava gli “attacchi” subito”.

In realtà, già a novembre 2020 uno studio realizzato dall’Hospital Italiano de Buenos Aires e pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine spiegava che l’utilizzo del plasma iperimmune sui pazienti gravi per Covid-19 non sortiva alcun effetto. I risultati si sommavano a quelli di un precedente studio, pubblicato sulle pagine del British Medical Journal, in cui – partendo da condizioni sperimentali differenti – il plasma iperimmune si era dimostrato inefficace rispetto al placebo. Ad aprile 2021 un comunicato dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) riportava i risultati di una ricerca sull’uso del plasma convalescente associato alla terapia standard rispetto alla sola terapia standard.

Le ricerche sul plasma iperimmune contro Covid-19

Allo studio hanno partecipato 27 centri clinici distribuiti su tutto il territorio italiano e 487 pazienti, di cui 324 in Toscana, 77 in Umbria, 66 in Lombardia e 20 da altre regioni). «Le caratteristiche demografiche, le comorbidità esistenti e le terapie concomitanti sono risultate simili nei due gruppi di pazienti, 241 assegnati al trattamento con plasma e terapia standard (231 valutabili), e 246 alla sola terapia standard (239 valutabili). Non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end-point primario (“necessità di ventilazione meccanica invasiva, definita da un rapporto tra PaO2/FiO2 < 150, o decesso entro trenta giorni dalla data di randomizzazione”) tra il gruppo trattato con plasma e quello trattato con terapia standard. Nel complesso TSUNAMI non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni», concludeva lo studio.

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