La rinascita di Irma Testa: dalla depressione a Tokyo, chi è la prima pugile italiana a vincere una medaglia olimpica

Talento, successi e aspettative infrante che hanno rischiato di interrompere la sua carriera: ritratto della boxeur di Torre Annunziata

Più diventava forte con i ganci, i diretti e i montanti, più emergevano le fragilità interiori. È una storia di contrasti quella di Irma Testa, cresciuta nella difficile Torre Annunziata, in provincia di Napoli, è arrivata a soli 23 anni a vincere la prima medaglia olimpica del pugilato femminile italiano, a Tokyo 2020. «Ho garantito la medaglia ed è una gran bella soddisfazione – ha dichiarato subito dopo il match vinto ai quarti – ho combattuto molto bene nei primi due round, un po’ meno nel terzo, forse per via di un po’ di stanchezza. L’obiettivo resta fare bene e divertirmi, ma ora me la gioco». La filippina Petecio, in semifinale, sarà una rivale difficile, «ma chi non lo sarebbe a questi livelli? Intanto questo risultato è dedicato al mio maestro e a tutto il movimento del pugilato italiano femminile», ha detto, con il sorriso. Ai Giochi, è prevista l’assegnazione di due medaglie di bronzo ai semifinalisti nel pugilato: per questo, l’atleta campana è certa di aver scritto il primo capitolo olimpico della storia della boxe azzurra. Centosettantaquattro centimetri di altezza per un peso che le permette di gareggiare nella categoria 54-57 chili: Irma Testa si è presentata ai Giochi olimpici da campionessa europea della disciplina, con un oro nei pesi piuma vinto al torneo di Alcobendas, in Spagna, nel 2019 e prima che il Coronavirus fermasse le gare. La boxeur aveva 21 anni e praticava questo sport da almeno un decennio.


Nata a Torre Annunziata il 28 dicembre 1997, Testa si avvicina al mondo del pugilato perché era la passione di sua sorella. A 14 anni, nella spedizione polacca guidata dal coach Cesare Frontaloni, vince la sua prima medaglia europea, un bronzo. Due anni dopo, arrivano le conferme mondiali che il talento di Torre Annunziata avrebbe portato in alto il pugilato femminile italiano. Argento mondiale nella categoria Youth, argento olimpico ai Giochi giovanili di Nanchino, nei pesi mosca. Qualche mese dopo il 17esimo compleanno – è maggio 2015 – arriva il primo metallo dorato per Testa: è la vincitrice dei mondiali femminili juniores di Taiwan. Ad agosto, un altro oro ai campionati europei, sempre nella categoria Youth. Ma il segnale definitivo della sua ascesa – e quindi della boxe femminile italiana – sulla scena internazionale arriva ad aprile 2016, quando ottiene la qualificazione ai Giochi di Rio 2016. È la prima pugile del nostro Paese a gareggiare sotto i cinque cerchi.


Le fragilità della più tosta: successi e cadute diventano un docufilm

Testa non ha nascosto i problemi psicologici che hanno accompagnato la sua precoce carriera. La lontananza dalla famiglia per seguire gli allenamenti e i tornei è stata una costante che – come lei stessa ha dichiarato – l’ha fatta soffrire molto. Troppo, al punto che ci sono stati diversi momenti in cui la boxeur ha pensato di mollare tutto. È il maestro di vita, allenatore e vera figura paterna di Testa a convincerla a perseverare. È stato Lucio Zurlo a riaccendere in lei il sogno di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Le difficoltà di Testa sono tutte rappresentate nel docufilm Butterfly, presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2018. Regista e cameraman hanno seguito dal 2015 per tre lunghi anni gli allenamenti, le gare, i sogni e le delusioni del giovane talento di Torre Annunziata. Diciottenne, e già riconosciuta come futuro del movimento di pugilato italiano.

Non l’ha aiutata la provenienza da un posto difficile, la distanza dalla famiglia, unico punto fermo insieme al coach Zurlo, le enormi pressioni sui suoi risultati che arrivavano dal mondo della boxe. La domanda se rinunciare o meno alla sua giovinezza per inseguire gli obiettivi sportivi aleggia ogni volta che indossa i guantoni. Poi, arriva la svolta: quando l’arbitro le solleva il braccio in segno di vittoria alle qualificazioni olimpiche, lo smarrimento si dilegua. Ma dura poco: la sconfitta alle Olimpiadi di Rio, e ancor di più il livore sui social dei fan della boxe, le cui aspettative non sono state rispettate, risvegliano i dubbi. Inizia un periodo di depressione: i commenti sprezzanti su Facebook sono ganci nello stomaco di una ragazza che ha rinunciato a tutto, scuola, svago, amore, per lo sport. Se a Tokyo 2020 fosse andata diversamente, forse Testa avrebbe davvero appeso i guantoni al chiodo. Ma così non è stato: il talento di Torre Annunziata ha vinto già il bronzo, la prima medaglia olimpica per lei e per il pugilato femminile italiano.

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