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Abruzzo, Sicilia, Sardegna e Molise: perché l’Italia brucia e chi c’è dietro gli incendi d’estate

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Solo il 2% dei roghi ha una causa naturale. Il 57% è provocato dall'uomo. Tra le motivazioni ci sono la piromania e gli incidenti, ma anche le vendette o le mafie

Il sindaco di Pescara Carlo Masci e il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio ne sono certi: c’è la mano dell’uomo dietro gli incendi che hanno devastato la Pineta Dannunziana di Pescara. E i tre inneschi ritrovati dopo lo spegnimenti delle fiamme sembrano avvalorare questa ipotesi. Ma anche le indagini di questi giorni in altre parti d’Italia forniscono altre prove: quattro giorni fa i carabinieri di Agnone a nord di Isernia in Molise hanno arrestato un cinquantenne con le mani annerite e le tasche piene di accendini. Ma se è vero che soltanto il 2% dei roghi ha una causa naturale mentre il 57% degli incendi sono provocati dall’uomo, quello che non è ancora chiaro è perché l’Italia brucia proprio d’estate e chi si nasconde dietro il fuoco che distrugge boschi e foreste e arriva a lambire le case.

Ma non c’è solo l’Abruzzo. Soltanto nelle ultime due settimane gli incendi hanno devastato la zona di Oristano in Sardegna e quella di Catania in Sicilia. I motivi che muovono chi appicca gli incendi sono molteplici. Uno è sicuramente la piromania, ma chi ha un reale disturbo psichico è una minoranza. Il rapporto Ecomafie 2021 di Legambiente illustrato oggi dal Corriere della Sera indica invece motivi ben più abietti. Solo nel 2020 sono andati in fumo più di 62 mila ettari (+18,3% rispetto all’anno precedente) ma solo 552 sono stati i denunciati e 18 gli arrestati. E questo nonostante il reato di incendio boschivo preveda una pena fino a 15 anni in caso di danno permanente. Tra le motivazioni c’è la ritorsione o la vendetta, il rinnovo delle aree destinate ai pascoli oppure gli interessi illegali. «Dietro ci sono gli interessi della ‘ndrangheta nella gestione del patrimonio boschivo, per esempio», dice al quotidiano Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio di Legambiente.

E i dati sembrano suffragare questa ipotesi: l’anno scorso, nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si sono registrati il 54,7% dei reati di incendio boschivo, con l’84% della superficie danneggiata. Si è parlato anche di un possibile collegamento tra i roghi e il business del fotovoltaico, ma secondo Legambiente si tratta di una bufala, visto che la legge 353 del 2000, recepita sia in Sicilia sia in Sardegna, stabilisce che «le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni» e che «è inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate a insediamenti civili e attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione». A Open il governatore Marsilio ha prospettato anche gli interessi nel rimboschimento.

Abruzzo, Sicilia, Sardegna, Molise: perché l’Italia brucia

Poi ci sono le problematiche incidentali, come la minore manutenzione dei boschi. Marco Di Fonzo, comandante del Nucleo informativo antincendio boschivo dei Carabinieri, dice che «in condizioni così estreme basta poco perché le fiamme saltino alle chiome e l’incendio si propaghi in modo rapido e violento». Bisogna considerare anche i comportamenti maldestri: «A volte a provocare gli incendi sono persone anziane che danno fuoco ai residui vegetali», spiega Gianfilippo Micillo, dirigente del coordinamento antincendio boschivo dei vigili del fuoco. E i casi speciali: «Ci è capitato anche di arrestare un volontario. Appiccava il fuoco e poi interveniva con noi». A Pescara, dove dodici ettari di Pineta Dannunziana sono andati persi per sempre, sono stati trovati tre inneschi: sette in totale quelli sul territorio dell’Abruzzo devastato in questi giorni dagli incendi.

Mentre il Wwf locale ha puntato il dito sulla politica: «Nella nostra regione gli incendi da fronteggiare sono stati 33 nel 2018, 75 nel 2019 e 62 nel 2020 (dati Protezione Civile Abruzzo). A fronte di queste cifre la Giunta Marsilio ha da poco ridotto di quasi 200mila euro i fondi per finanziare l’attività dei Vigili del Fuoco impegnati a prevenire e spegnere incendi. Non solo: sono stati ridotti anche i fondi per le Riserve Naturali Regionali, il cui personale svolge una preziosa funzione di controllo e presidio del territorio e promuove interventi di comunicazione e formazione, anch’essi alla base delle politiche di prevenzioni incendi. Si è preferito dare soldi a fondo perduto a una squadra di calcio perché venga in ritiro nella nostra Regione piuttosto che investirli per tutelare il territorio».

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