La strage del Bataclan, Dario Solesin: «Troppo doloroso seguire il processo. Chiedo rispetto per la memoria di mia sorella Valeria» – L’intervista

La famiglia Solesin ha affrontato non solo il dolore per la morte di Valeria, ma anche i complottisti e i loro seguaci (denunciandoli e vincendo in tribunale). Nel giorno dell’inizio del processo abbiamo parlato con il fratello della giovane italiana scomparsa durante l’attentato

Oggi è iniziato il maxiprocesso per gli attentati terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi ad opera dell’Isis. Le udienze si tengono all’interno di una enorme sala appositamente costruita all’interno del Palazzo di Giustizia parigino, che nei prossimi nove mesi ospiterà circa 330 avvocati, dei quali in rappresentanza delle parti civili, e centinaia di giornalisti accreditati. Tra le 137 vittime c’era anche un italiana, la studentessa veneziana Valeria Solesin che nel corso degli anni è stata uccisa due volte: la prima al Bataclan ad opera dei terroristi, la seconda attraverso le bufale dei guru delle teorie del complotto. Abbiamo contattato telefonicamente Dario, fratello di Valeria, per ragionare insieme su quanto è successo e su quanto sta accadendo.


Oggi è il primo giorno del maxiprocesso per l’attentato al Bataclan, che effetto vi ha fatto?
«Dolore. Il processo è iniziato oggi, ma è stato come tornare indietro e rivivere quei momenti, nonostante siano passati ormai sei anni».


Pensate che sia passato troppo tempo?
«Assolutamente no. Non riteniamo che ci siano state inadempienze da parte dei francesi, si tratta di una vicenda molto complessa».

L’incontro tra il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e i genitori di Valeria Solesin durante i funerali a Venezia.

Sarete presenti in aula durante una delle prossime udienze, come faranno altri parenti delle vittime o sopravvissuti dell’attentato?
«Non so se saremo presenti in aula, ci stiamo ragionando e vedremo nei prossimi mesi se ce la sentiamo di andare fisicamente. Siamo parte civile, al momento siamo rappresentati da un avvocato».

Immagino che vi siate tenuti in contatto negli anni con le famiglie delle altre vittime e dei sopravvissuti.
«Ci sono diverse associazioni delle vittime, da questo punto di vista non ci siamo sentiti soli nell’affrontare tutto questo. Anche la Francia è sempre stata molto presente, così come il consolato italiano e il nostro avvocato».

L’aula del processo.

Cosa vi aspettate da questo processo e che cosa significa per voi “avere giustizia”?
«È difficile dare un significato. Gran parte degli attentatori non ci sono più, come possiamo “avere giustizia”? Possiamo rendere giustizia solo attraverso la memoria delle persone come mia sorella, di tutte le altre vittime e di tutte le loro famiglie».

Oggi è stato ascoltato Salah Abdeslam, l’unico attentatore sopravvissuto. Non sembrava affatto pentito di quello che ha fatto, al contrario si è dichiarato convinto delle sue azioni.
«Non ho seguito l’udienza, preferisco non seguirla affatto. Posso dire che non mi stupiscono queste affermazioni».

L’imam di Venezia, Mohamed Amin Al Ahdab, mentre stringe la mano a Dario durante i funerali di Valeria. Queste le sue parole: «Valeria è come se fosse una nostra figlia. Siamo presenti oggi per dire che non è stata uccisa in nome del nostro Dio né in nome della nostra religione, né in nostro nome»

Immagino che il processo riapra una ferita ma, come ha detto prima, è importante rendere giustizia alla memoria di sua sorella. Noi ci siamo sentiti in passato proprio in merito a chi ha cercato di infangare questa memoria e la vostra stessa famiglia attraverso le teorie del complotto. Mi riferisco a Rosario Marcianò per il quale c’è stata una prima sentenza di condanna.
«Il Tribunale ha riconosciuto Marcianò colpevole, condannandolo a pagare una somma risarcitoria a me e alla mia famiglia. Soldi che non vedremo mai secondo me, ma c’è stata una sentenza che ha riconosciuto la sua colpevolezza ed è questo che conta».

In merito alle teorie diffuse dal Marcianò, siete stati presi di mira anche da altri soggetti a lui vicini?
«Purtroppo Marcianò ha migliaia di seguaci, c’è proprio un movimento di persone che sostengono che quello che è accaduto, a Parigi e a mia sorella, sia una messinscena. Purtroppo non lo è. Quella vicenda ha creato un dolore fortissimo, ha ucciso nuovamente mia sorella infangandone la memoria. Quelle persone le disprezzo totalmente, ma le invito a conoscermi per dimostrare loro che mia sorella è esistita e non è stata una messinscena. Magari lo fosse».

Il guru delle teorie del complotto Rosario Marcianò e il post Facebook con il quale sosteneva che la figura di Valeria Solesin fosse stata creata artificiosamente.

Vi stanno prendendo di mira anche in questi giorni a causa dell’avvicinarsi del processo?
«Non sono molto presente sui social, mi auguro di no».

C’è da dire che non esistono soltanto loro, ci sono molte persone che vi sostengono.
«Per fortuna sono la maggioranza, però queste cose fanno molto male. Basta anche solo una persona che sostenga certe falsità…Già devi affrontare un trauma enorme e in più ti tocca sopportare certe cose. Ci vogliono forse anni per realizzare e assimilare quanto accaduto. Considera che certe teorie vennero diffuse poco tempo dopo i fatti…».

Comprendo che sia impossibile placare il dolore.
«Il dolore non scomparirà mai, ma lo percepisci diversamente. Il tempo aiuta ed è sicuramente il tuo unico alleato insieme a tutte le persone che ti vogliono bene, ma la ferita resta. Anzi, non è neanche una ferita, è uno squarcio».

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