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Il panettiere, l’operaio, la commessa: chi sono i Guerrieri No vax che volevano far esplodere il Parlamento

10 Settembre 2021 - 07:04 Redazione
guerrieri no vax telegram
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Volevano sganciare tritolo con i droni sulla Camera e difendersi con lo spray al peperoncino. Tra loro operai, commesse, panettieri e disoccupati

Un panettiere, un custode, un’ex commessa, due operai, una cuoca. E una disoccupata di 51 anni in passato vicina agli indipendentisti veneti e a cui era stato revocato il porto d’armi per problemi psichiatrici. Questo è l’identikit di alcuni dei “Guerrieri” No vax che ieri sono finiti in una retata dell’antiterrorismo e della polizia postale. Perché in una chat su Telegram minacciavano di far saltare i furgoni delle televisioni con le molotov o di far esplodere il Parlamento usando dei droni. Non si tratterebbe però di un progetto ma di farneticazioni, definite dagli inquirenti puro odio delirante. «Radere al suolo il Parlamento con tutti loro dentro – si legge nelle chat – basta un piccolo drone pilotato a distanza da uno dei tetti di Roma… un 500 grammi di tritolo e lo lasci cadere durante la seduta… e non rimarrebbero tracce».

I Guerrieri di Telegram

E ancora, sulla ricerca spasmodica di armi: «I lacrimogeni vedo di procurarmeli io – scriveva un indagato – in un’armeria ho visto che sono di libera vendita. La pistola che spara il peperoncino si chiama Whalter PEP. È più precisa e meno dispersiva della bomboletta di spray classico. Ha una gittata fino a sei metri. Se anche i poliziotti hanno i caschi, basta un piccolo spruzzo che passa sotto la visiera e sono fottuti. Accecati per almeno mezzora». Repubblica racconta oggi che l’istigatore numero uno dei “guerrieri”, riuniti sotto il simbolo della doppia V rossa dentro un cerchio (che sta per warriors, ma richiama anche V per Vendetta), è un 46enne milanese, Tommaso, che di mestiere fa il custode in un palazzo. È lui ad aver creato e amministrato il gruppo Telegram, ora chiuso, dove incitava alla ribellione violenta e all’uso delle armi. A casa sua sono stati trovati due tirapugni, lui stesso aveva messo le foto sui social pochi giorni fa, «il mio nuovo giocattolo». Da usare nelle piazze «perché non dobbiamo solo scrivere, ma fare qualcosa». Il 46enne pensava di comprare un tirapugni in armeria, ma al terzo rifiuto lo acquista «dagli zingari, quelli hanno tutto», scrive sul web.

L’altro amministratore del gruppo è milanese dell’hinterland, Francesco, 34 anni, operaio metalmeccanico. Da tempo la sua famiglia era molto preoccupata perché viveva solo su Internet, in un mondo virtuale parallelo. Sui suoi social comparivano manifesti con svastiche barrate e la scritta «No alla dittatura sanitaria», e incitava per lo più alla distruzione dei ripetitori 5G. Insieme a loro c’era anche Stefano, 53enne bergamasco, operaio, con un regolare porto d’armi e due pistole a casa. Nelle chat diceva di avere «dei gingilli a lungo raggio da provare». Mentre David, 45 anni, proprietario di un bar a Roma, incitava ad «azioni violente» e sul suo profilo Facebook ci sono scritte «No mask no Vax no green pass».

E ancora: a casa di Stefano, 33 anni, panettiere di Reggio Emilia sono stati trovati manganelli, una katana e spray al peperoncino. Infine le tre donne del gruppo. Ilaria, 43 anni, romana, ex commessa in un grande magazzino ora disoccupata; Lara, veneziana, 51 anni, è la simpatizzante secessionista: aveva un porto d’armi regolare ma nel 2019 le è stato revocato per ragioni di salute mentale. Infine ecco Sandra, padovana, 53 anni: lavora in una mensa aziendale e voleva tirare letame e uova addosso a Roberto Speranza in un appuntamento pubblico a Padova, il 2 settembre, al quale però il ministro ha dato forfait.

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