La zia di Eitan è in Israele accompagnata da funzionari diplomatici con l’obiettivo ben preciso di riportare il piccolo, l’unico sopravvissuto alla strage del Mottarone, a casa «in modo pacifico e senza ritardi». Adesso, dunque, si sceglie la strada del dialogo e della mediazione per evitare il peggio. A dirlo è il portavoce Eytan Har-Or confermando l’arrivo della affidataria della tutela del piccolo in Israele, dove si trova attualmente il minore in compagnia del nonno Shmuel. A confermare che la donna, ora in quarantena, si trovi già in Israele – dove è in corso «un’indagine penale nei confronti dei rapitori» – è anche suo marito Or Nirko, zio paterno di Eitan, in un messaggio inviato ai giornalisti che si trovano davanti alla sua abitazione a Travacò Siccomario, in provincia di Pavia. «Vi confermo che mia moglie Aya è già in Israele», ha detto. La donna è «turbata dalle informazioni circa lo stato psicologico e mentale di Eitan e di quanto viene compiuto dai suoi rapitori nel lungo periodo che è nelle loro mani». «La casa di Eitan – ha aggiunto il portavoce della donna – è in Italia. Eitan deve rientrare senza ritardi affinché possa proseguire i suoi studi in prima elementare che aveva iniziato una settimana prima del rapimento e che aspettava con ansia e a cui si era preparato molto. E che possa proseguire le cure di riabilitazione e di sostegno mentale in corso, interrotte a causa del rapimento».
La visita del console a Eitan in Israele
Qualche giorno fa, il 17 settembre, il console dell’ambasciata italiana a Tel Aviv era riuscito a incontrare il piccolo, sempre alla presenza del nonno materno Shmuel Peleg. Una visita che era stata organizzata dalla Farnesina in collaborazione con le autorità locali. Il console, in quell’occasione, ha dichiarato che Eitan era «in buone condizioni di salute». Un altro zio paterno, che è riuscito a vederlo subito dopo, tramite i suoi avvocati ha parlato però di «chiari segni di istigazione e di lavaggio del cervello». Le condizioni fisiche, però, ha confermato, erano «buone».
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