Aborto, negli ospedali pubblici del Lazio quasi il 70% dei ginecologi è obiettore

E l’obiezione riguarda anche quasi la metà di ostetriche, anestesisti e infermieri: il 46% negli ospedali

Il 66% dei ginecologi e delle ginecologhe negli ospedali pubblici della Regione Lazio è obiettore di coscienza. Lo rivela un’indagine presentata oggi da Non una di meno Roma in occasione della Giornata mondiale per l’aborto sicuro, libero e gratuito. Un lavoro di raccolta dal basso dei dati dell’obiezione di coscienza in tutte gli ospedali, i consultori e i presidi sanitari della regione governata da Nicola Zingaretti «denunciando la gravità della situazione che mostra un’emergenza a cui rispondere con urgenza e misure adeguate», spiegano dal collettivo. Al grido di «Noi all’aborto clandestino non ci torniamo», le attiviste di Non una di meno spiegano che su un totale di 314 ginecologi e ginecologhe censiti, 182 si dichiarano obiettori: il 66% tra gli ospedali, il 19% del totale dei consultori, per una media del 58%. Per quanto riguarda invece le altre professioni coinvolte, su 1.313 tra professionisti e professioniste di ostetricia, infermieristica, anestesia e altro, 539 persone si sono dichiarate obiettrici: il 41% in totale (23% nei consultori e la metà, il 46% negli ospedali). In serata, alle 18, è prevista una manifestazione per il diritto all’aborto a piazza dell’Esquilino.


L’obiezione nel Lazio

Non una di meno | I dati sugli obiettori di coscienza nella sanità publica del Lazio

I dati sono stati raccolti nell’ambito dell’inchiesta dal basso promossa dal Coordinamento delle assemblee delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio e da Non Una Di Meno-Roma, tramite specifiche richieste di accesso civico generalizzato ai dati sull’obiezione di coscienza inviate alle direzioni generali di Asl, presidi ospedalieri e aziende sanitarie del Lazio con reparti di ginecologia e ostetricia.


Non una di meno | I dati sugli obiettori di coscienza nella sanità publica del Lazio

A Roma il Policlinico Umberto I è l’ospedale con la più alta percentuale di obiettori di coscienza nei vari reparti coinvolti: l’84%, mentre l’obiezione in ginecologia tocca quota 43%. Al Pertini le percentuali sono rispettivamente del 76% e del 60%. Al San Camillo i numeri sono pari al 74% e al 41%: l’ospedale aveva fatto notizia alcuni anni fa quando aveva assunto due medici non obiettori dopo apposito bando.

Non una di meno | I dati sugli obiettori di coscienza nella sanità publica del Lazio

Quella che si continua a chiedere a gran voce è l’avvio di un monitoraggio obbligatorio sull’obiezione, per lavorare poi su apposite linee guida per le nuove assunzioni e arginare così l’obiezione che, di fatto, ribadisce Non una di meno, rischia di impedire alle donne di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza nel rispetto della legge 194.

L’accesso all’aborto

«Nonostante esista la legge 194 che dovrebbe regolamentare e favorire l’accesso all’aborto libero e gratuito, in Italia questo diritto viene quotidianamente negato a causa dell’altissimo tasso di obiezione di coscienza», spiegano le attiviste di Obiezione respinta. «Il boicottaggio di diverse regioni, come il Piemonte, l’Umbria, le Marche e il Molise, alle linee di indirizzo per l’uso della pillola abortiva RU-486 approvate ad agosto 2020, dimostrano come gli ostacoli all’applicazione della legge vengano proprio posti dalle istituzioni politiche. Ostacoli posti verso una pratica medica che rimane la più diffusa al mondo, con 56 milioni di operazioni l’anno, e che se effettuata in modo insicuro porta alla morte di circa 47 mila persone l’anno».

In copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI | Un momento della manifestazione ‘Non una di meno’ organizzata in occasione della Giornata mondiale per l’aborto libero e sicuro in piazza dell’Esquilino a Roma, 28 settembre 2017.

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