Quei giovani dimenticati dalla politica delle Quote che andranno in pensione a 70 anni

Sono i figli del “lavoro flessibile” degli Anni Novanta. E avranno un importo pari al 60% dello stipendio se va bene

Mentre la politica litiga su Quota 100 e sulla legge Fornero c’è chi della pensione non si preoccupa poi tanto. E non perché si senta particolarmente al sicuro. Ma perché ormai ha perso ogni speranza. Sono i figli del “lavoro flessibile” degli anni Novanta, quelli entrati tardi in modo stabile nel mondo del lavoro. Per loro il problema dell’età della pensione non si pone. Per i nati dopo il 1996 — ovvero quelli legati al sistema contributivo, in cui “prendi quanto versi” — il traguardo finale è ben oltre i 70 anni. Con il rischio di dover procrastinare fino ai 75. Smileconomy, società indipendente di consulenza, ha simulato oggi per Repubblica il percorso previdenziale di quattro lavoratori che oggi hanno 25, 30, 35 e 40 anni. Nelle due categorie principali, ovvero dipendenti e autonomi, e con redditi netti attualmente da 1.000 a 1.500 euro.


Se i quattro iniziano a versare i contributi all’età di 25 anni, il loro stipendio cresce dell’1,5% l’anno e il prodotto interno lordo incrementa almeno dello 0,3%, andranno in pensione tra i 68 e i 72 anni. Con un assegno che sarà tra il 55 e il 64% del loro ultimo stipendio. Per il 25enne l’età di uscita è in una forchetta tra i 69 e i 73 anni. La data precisa dipende dalla speranza di vita, il parametro Istat che viene aggiornato con i requisiti della pensione ogni due anni. Nel 1976 era di 14,9 anni oltre i 65: 79,9 anni. Nel 2019 era salita a 21 anni, dunque a 86 anni. Ora è crollata a 84,9. Ma dovrebbe tornare a salire nei prossimi decenni, pandemie permettendo. Ma c’è un problema: se chi si trova nel suo percorso lavorativo oggi ha una carriera discontinua e deve affrontare un buco contributivo l’assegno crolla fino al 40-45% dell’ultimo stipendio.


E non finisce qui. Perché in base alla riforma Sacconi, se la speranza di vita si allunga l’età della pensione si allontana. Ma se si accorcia rimane uguale. In base alla Legge Fornero, se il loro assegno pensionistico è basso perché hanno versato pochi contributi dovranno lavorare per più anni. Ovvero, spiega la simulazione, «se la pensione non arriva a 2,8 volte l’assegno sociale (1.289 euro, ad oggi) i post-1996 non potranno mai andare in pensione anticipata, cioè tre anni prima (64 anni, ad oggi). Se invece la pensione non arriva a 1,5 volte l’assegno sociale (690 euro, ad oggi), i post-1996 non potranno andare neanche in pensione di vecchiaia, ma dovranno aspettare la “vecchiaia contributiva” e uscire quattro anni dopo».

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