Quota 103 è l’ultima mediazione per la pensione a 64-65 anni. A quanto ammonta l’importo con gli anticipi

Il governo Draghi e l’ipotesi di uno “scalino” dal 2022 al 2024 per accompagnare verso la legge Fornero. Chi ci perde e chi ci guadagna, cosa cambia per l’assegno con Ape Sociale e Opzione Donna

Sarà quota 103 il punto di caduta del governo Draghi sulle pensioni? Le proposte di Quota 102 e Quota 104 nella Legge di Bilancio potrebbero essere ampliate o superate da uno scalino in più. Ovvero quello che permetterebbe di andare in pensione sommando 65 anni di età e 38 di contributi. Una soluzione proposta dalla Lega che allungherebbe così al 2024 il ritorno della legge Fornero che fissa l’uscita dal lavoro a 67 anni di età. E che andrebbe a superare l’ipotesi di ritiro anticipato con il contributivo ventilata dall’Inps. Intanto si fa strada l’idea dell’ampliamento dell’Ape Sociale con l’aumento di 30 categorie di lavori gravosi. Mentre Cgil, Cisl e Uil chiedono invece di «riformare la riforma Fornero una volta per tutte».


Pensioni, chi ci perde e chi ci guadagna con le Quote

L’idea di Quota 103 supera il compromesso annunciato dal governo nell’ultima Cabina di Regia. In questo modo, con una transizione triennale, si ammorbidirebbe l’uscita da Quota 100 passando per quota 102 nel 2022, quota 103 nel 2023 e quota 104 nel 2024. Ma il sistema penalizzerebbe comunque le donna, come ha ricordato ieri la sottosegretaria all’Economia in quota Leu Maria Cecilia Guerra. E non terrebbe conto dei lavori gravosi o usuranti come farebbe invece l’Ape Social, che potrebbe essere finanziata utilizzando i fondi per gli ammortizzatori sociali. La Stampa ricorda oggi che anche il regime delle quote sarà eventualmente volontario e chi non vuole uscire dal lavoro potrà restare in servizio fino ai 67 anni.


Il quotidiano pubblica anche alcune simulazioni che spiegano come si potranno utilizzare i nuovi strumenti e a quanto ammonterà la pensione. Un dipendente pubblico o privato, che ha uno stipendio medio intorno ai 1.600 euro e tra il 2019 e il 2021 è andato in pensione con Quota 100 percepisce un assegno mensile di circa 1.300 euro pur avendo versato 4-5 anni in meno di contributi. Con la legge Fornero la pensione sarebbe scattata a 67 anni, o anche prima in base al requisito contributivo: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 per le donne. Attraverso la pensione di vecchiaia il lavoratore avrebbe potuto aggiungere 2-300 euro al mese al suo assegno, restando però in ufficio qualche anno in più. Con Quota 102 lo stesso dipendente avrebbe più o meno lo stesso trattamento.

L’assegno pensionistico con Ape Sociale e Opzione Donna

Attualmente le 15 categorie di lavori usuranti possono accedere all’anticipo pensionistico destinato ai dipendenti del settore pubblico e privato, agli autonomi o ai parasubordinati iscritti alla gestione separata dell’Inps. L’indennità è pari a 1.500 euro mensili ed è destinata a chi ha compiuto almeno 63 anni di età e ha 36 anni di contributi. Tra queste 15 categorie ci sono: addetti dell’industria estrattiva, conciatori, conduttori di mezzi pesanti, personale sanitario, insegnanti di asili nido e materna, pescatori, operatori ecologici, marittimi. L’Ape Social è destinata anche a caregiver, invalidi civili almeno al 74% e disoccupati di lungo corso. Opzione Donna è invece destinata alle lavoratrici con 59 anni di età e almeno 39 di contributi oppure con 58 e 35. Le dipendenti ottengono la pensione trascorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti, le autonome invece devono aspettare diciotto mesi.

L’opzione è in scadenza quest’anno e una proroga non sembra nei piani dell’esecutivo. La retribuzione viene ricalcolata interamente con il sistema contributivo, con una perdita di 8-9 anni rispetto ai parametri della legge Fornero. Da un punto di vista economico ci si rimette un terzo dell’assegno. Intanto il governo lavora a estendere la platea dei lavori gravosi. Secondo le ultime indiscrezioni le professioni che potrebbero rientrare secondo la proposta di Cesare Damiano sono, tra l’altro, i lavoratori degli impianti minerari, fonditori, saldatori, lavoratori della carpenteria metallica, fabbri ferrai, personale non qualificato della manifattura, lavoratori del legno e della carta, operai forestali specializzati, montatori, riparatori e manutentori di macchinari, operai della tipografia. Con loro anche lavoratori di gomma e materie plastiche, operai dell’industria alimentare, estetisti, vasai, operai del tessile, della metallurgia e del legno.

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