Pensioni e Quota 100: l’uscita flessibile a 63 anni e 39 di contributi dal 2022 sul tavolo del governo

Il progetto di un Fondo Nazionale per il Pensionamento dal 2022 con il superamento di Quota 100: l’ipotesi di ritiro con Quota 101 o 102

Un’uscita flessibile dal lavoro a partire dai 63 anni di età. Questa è l’unica certezza sul piano del governo Draghi per superare quella Quota 100 bocciata dall’Unione Europea. Mentre a un mese dal varo della legge di Bilancio, sede naturale per gli interventi che negli anni si sono succeduti sulla previdenza, i partiti che sostengono Mario Draghi si presentano assai distanti e il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, lancia la palla al suo collega dell’Economia, Daniele Franco, che dovrà indicare se e quante risorse saranno disponibili. Aumentando di un anno la quota dell’età dell’età della pensione e quella dei contributi necessari – e quindi per portare l’età del ritiro a 63 anni di età e 39 di contributi – dovrebbero servire tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro. Per ogni anno a partire dal 2022 e fino al 2024.


Il superamento di Quota 100

Soldi che saranno difficili da trovare. Fino a luglio, secondo gli ultimi dati dell’Inps, che i partiti tirano ciascuno dalla propria parte, le domande per accedere a Quota 100 accolte sono state circa 334mila (che in proiezione alla fine dell’anno potrebbero arrivare a circa 400mila, considerando che chi ha i requisiti e ha fatto domanda potrà continuare a uscire in anticipo anche scavallato il 2021). Dal primo gennaio, però, l’età per l’uscita tornerebbe a 67 anni per tutti ma nessuno vuole fare materializzare il famigerato “scalone” di 5 anni. Per i dem però, come spiega all’agenzia di stampa Ansa il responsabile economico Antonio Misiani, se bisogna «evitare di tornare puramente e semplicemente alla Fornero» va anche studiato un sistema «più flessibile ma più equo», e sostenibile per le casse pubbliche, che tenga conto dei lavori «gravosi e usuranti, delle donne con carichi familiari». Come fa ad esempio l’Ape social che potrebbe essere rafforzato proprio ampliando la platea di chi può accedere.


Il progetto del Fondo Nazionale per il Prepensionamento però rimane sul tavolo del governo. Il Messaggero oggi spiega che il fondo erogherebbe una pensione calcolata con gli stessi criteri di Quota 100 fino a quando il lavoratore non maturerà i requisiti necessari per essere preso in carico dall’Inps. La proposta elaborata dai tecnici della Lega prevede di replicare i parametri di Quota 100: 62 anni di età anagrafica e 38 di contributi. Ma con soglie più alte: sarà quindi una Quota 101 o 102. La prestazione durerebbe 4 anni e 10 mesi per gli uomini e 3 anni e 10 mesi per le donne. Lo strumento potrebbe essere utilizzato per le imprese in crisi e per quelle impegnate nella transizione verde e/o digitale.

La proposta dei sindacati

Ma sul tavolo c’è anche una proposta dei sindacati. Repubblica spiega oggi che Cgil, Cisl e Uil hanno presentato la loro piattaforma che prevede di andare in pensione a partire dai 62 anni, o con 41 di contributi a prescindere dall’età. Un’ipotesi ritenuta costosa, a meno che i prepensionati non si accontentino di un assegno un po’ più basso, o che non si trovi un meccanismo di sostegno delle pensioni anticipate, sul modello del fondo costituito dai bancari. Un modello possibile, il governo non esclude nulla, ma difficile da replicare per tutte le categorie. Proprio Opzione Donna, però, oltre all’Ape sociale, magari rafforzate, potrebbero essere le vie minime di flessibilità in uscita adottate dal governo all’indomani di Quota 100. In questa direzione va la decisione del ministro del Lavoro di istituire una commissione sui lavori gravosi, anche per correggere le storture di Quota 100, che ha avvantaggiato soprattutto chi ha avuto una carriera contributiva lunga e stabile.

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