Galli, ex viceministro leghista: «Disposti a trattare, ma Quota 100 e porti chiusi restano le nostre coordinate» – L’intervista

Nessuna pregiudiziale sui temi e sui nomi, ma «se alla fine del giro di consultazioni Draghi ci dirà che vuole i porti aperti, via quota 100, patrimoniale e reddito di cittadinanza rinforzato, noi non ci staremo»

La delegazione leghista è pronta a tornare a Montecitorio per il secondo giro di consultazioni. Al presidente incaricato Mario Draghi saranno presentate diverse richieste che seguono il solco della tradizione leghista. «Mi aspetto che Draghi parta con un programma che non rispecchi affatto quello del governo precedente», dice Dario Galli, deputato e viceministro dello Sviluppo economico del governo Conte uno. Leghista della prima ora, Galli racconta quali saranno le proposte del suo partito, con una forte disponibilità al compromesso, «ma non siamo disposti ad accettare tutto senza che gli altri vengano incontro alle nostre richieste».


Onorevole, quali sono le istanze che la Lega porterà al secondo giro di consultazioni con Mario Draghi?


«La prima cosa che chiediamo al presidente incaricato Draghi è che il governo abbia un atteggiamento serio ed efficace nei confronti della pandemia. In questo senso, abbiamo preparato proposte per un piano efficiente di vaccinazioni e insistiamo sull’adeguamento delle strutture sanitarie. Contemporaneamente, anche il tema scuola si piega alle ragioni della pandemia: se prima bisognava intervenire sul mondo dell’istruzione per altre criticità, adesso le priorità sono la sicurezza dei mezzi di trasporto, gli impianti di areazione e tutto ciò che serve per consentire il rientro in classe dei ragazzi abbattendo i rischi di contagio. Ecco, certo non puntiamo sui banchi a rotelle».

È una lista decisamente corta rispetto a quella di altri partiti.

«Non chiediamo soltanto questo. Portiamo all’attenzione di Draghi anche le battaglie classiche della Lega. Partiamo da un’attenzione generale al mondo del lavoro. Da Draghi ci aspettiamo interventi sulle questioni fiscali legate all’occupazione ma anche una riforma seria del fisco italiano a trecentosessanta gradi. Ovviamente, come Lega, vogliamo che Quota 100 sia mantenuta o che si trovi un compromesso tra chi chiede un’abolizione integrale e quello che crediamo sia giusto noi: permettere alle persone che hanno raggiunto Quota 100 di uscire dal mercato del lavoro in modo decoroso».

Sull’immigrazione mi pare di capire che abbandonerete la linea dura?

«Sbaglia, l’immigrazione non deve essere dimenticata. Adesso siamo in inverno e ci scordiamo che anche l’immigrazione è un’emergenza perché diminuiscono gli sbarchi. Ma la Lega, glielo garantisco, non accetterà mai la politica dei porti aperti fatta dal governo Conte due».

Le riporto quello che ha detto Salvini oggi: «Sul tema immigrazione noi proporremo l’adozione della legislazione europea».

«Mi dica una legge europea sull’argomento che non sposa i principi della Lega».

Il regolamento di Dublino, spesso criticato da Salvini perché impone agli Stati di primo ingresso di farsi carico dell’accoglienza dei richiedenti asilo.

«Se un migrante sale su una nave spagnola in acque internazionali, per me è come se fosse arrivato su una spiaggia spagnola. Non mi pare che i francesi ad esempio si siano dimostrati meno rigorosi di noi su questo aspetto. Per noi la regola aurea è questa: se vuoi entrare in Italia, chiedi il permesso. Detto ciò, il vero nodo di queste consultazioni è che altri partiti pensano che il governo Draghi debba essere un Conte quarter o un Conte ter rinforzato».

Nel senso che vogliono far valere le proprie ragioni senza accettare particolari compromessi con voi?

«Mi sembra che Pd e M5s non hanno capito che Mattarella, indicando Draghi, ha azzerato la partita. Per quanto ne so, Draghi potrebbe partire con un suo programma che non rispecchi per niente il governo precedente. Anzi, mi aspetto che sia così. Se poi, alla fine del giro di consultazioni, Draghi ci dirà che vuole i porti aperti, via quota 100, patrimoniale e reddito di cittadinanza rinforzato, la Lega gli dirà: “Professore, ci scusi se le abbiamo fatto perdere tempo, amici come prima ma non avrà il nostro appoggio”».

Lei pensa che Draghi riuscirà a fare una sintesi che metta d’accordo tutti?

«Mi aspetto che Draghi, che come tutti gli esseri umani ha un’ideologia politica anche se noi continuiamo a definirlo un tecnico, abbia delle idee abbastanza ragionevoli. Viene dalla finanza internazionale, ha lavorato nelle istituzioni europee: ovvio che non mi aspetto che dica “no euro”. Penso che Draghi abbia in mente il problema drammatico della deindustrializzazione, della dispersione scolastica e delle infrastrutture che mancano. Draghi sa che in Italia la pressione fiscale è esagerata e il sistema non è attrattivo per le imprese estere. Tutti questi concetti, li declinerà nel modo che ritiene più consono».

Sono questioni che, per essere risolte, necessitano di tempo, non un governo a scadenza.

«Questo governo, se parte, non si sa quanto durerà. Ma penso che debba concentrarsi sulle cose essenziali. Se tra queste rientrano temi nei quali noi non ci riconosciamo, ci siederemo al tavolo per ragionarci dall’interno: preferiamo essere nella partita e dare il nostro contributo al Paese. All’inizio, però, il governo Draghi dovrà rispondere all’emergenza sanitaria ed economica innescata dal Covid. Dopodiché, risolte le urgenze, prima si andrà a votare e meglio sarà per tutti. Se ciò dovesse avvenire a fine legislatura, tra due anni, i cittadini avranno una immagine più chiara della Lega, ovvero quella di un partito responsabile in grado di governare il Paese».

Sul Recovery Plan non ponete paletti?

«Noi non poniamo paletti in generale durante questa fase delle trattative, a differenza degli altri partiti. Detto ciò, chiediamo al presidente incaricato di avere un’attenzione particolare agli interventi produttivi: sblocco alle grandi opere, investimenti negli asset produttivi in grado di generare altra ricchezza. Tutti, poi, parlano di green adesso: noi chiediamo che la transizione ecologica sia davvero efficace, non quattro contributi a chi compra macchine elettriche giapponesi. Gli investimenti devono essere tutti volti a generare benessere per le imprese e i cittadini italiani».

Come si trova nella nuova veste europeista della Lega?

«Trent’anni fa eravamo più europeisti di tutti: la Lega è nata sognando un’Europa dei popoli che tutelava e supportava le differenti caratteristiche regionali al suo interno. Mi lasci dire che non accettiamo lezioni di coerenza da chi in cinque giorni è passato da “Conte o morte”, a “Conte forse” e “Conte no”. E ancora, da “Draghi mai”, a “Draghi forse” e “Draghi sì”. Il parlamento doveva essere la scatoletta di tonno da aprire, poi i 5 stelle hanno fatto un carpiato e si sono chiusi loro stessi nella scatoletta. Ci vuole una faccia di bronzo…».

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