Uber Eats, le chat dei manager che assoldavano i rider: «Questi neri puzzano, sono indecorosi»

«Messaggi indegni di un Paese civile», ha commentato il legale dei rider. Il tribunale ha condannato una società collegata a pagare le differenze retributive

Una sequela di messaggi facevano il pingpong da un cellulare all’altro del personale che gestiva i fattorini di Uber Eats. Nelle chat i rider che sfrecciano nelle principali città italiane vengono definiti «schifosi», «senzatetto maleodoranti», «neri che puzzano», «indecorosi». Poi insulti razzisti cui seguono faccine sorridenti di chi legge. Nella chat «Amici di Uber» tutto questo era diventato una consuetudine. Tra gli appartenenti al gruppo ci sono manager di Uber Italy, colosso del food delivery, e delle società intermediarie Flash Road City e Frc. Sono finiti tutti in tribunale, a Milano, sul banco degli imputati per caporalato: in tre hanno patteggiato, uno ha scelto il rito abbreviato, come riportato da La Stampa. Intanto il tribunale ha riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato e ha condannato una società collegata ad Uber Italy a pagare le differenze retributive e le spettanze di fine rapporto.


Gli insulti

Una manager di Uber Italy, Gloria Bresciani, sospesa temporaneamente dall’incarico, ha deciso di affrontare il processo: è accusata di forma illegale di reclutamento. Nei messaggi di Bresciani si legge: «Il cliente si lamenta. Dice che puzzano troppo, che sono impresentabili». Uno risponde: «Sono neri e hanno odori diversi dai nostri». Faccina che ride. Bresciani insiste: «Descrivono il corriere come un senzatetto maleodorante». Il cliente in questione è un McDonald’s di Ostia. Uno che «ogni volta che si lamenta è una tragedia nazionale» quindi bisogna «offrirgli il miglior servizio possibile». «Questi messaggi non sono degni di un Paese civile», ha commentato Giulia Druetta, il legale che ha rappresentato dieci rider in una causa civile a Torino. Il tribunale ha condannato Flash Road City a pagare le differenze retributive e le spettanze di fine rapporto. «Si tratta di una società di delivery con cui non lavoriamo più. Nell’ultimo anno abbiamo introdotto una serie di modifiche per fornire un ambiente di lavoro sicuro, gratificante e flessibile», hanno replicato da Uber Italy.


I turni

In tutto questo c’erano anche gli scambi che riguardavano i turni di lavoro: tre euro a consegna. La paga era sempre la stessa, che fossero due o sessanta i chilometri da percorrere. Che fosse un giorno feriale o festivo. Nel caso il rider si fosse perso, «Se lo fa apposta lo caccio. Se non lo fa apposta, è pure peggio». Se si connettono per dare ulteriore disponibilità? Bresciani scrive: «Hai avuto 12 corrieri a pranzo e ora che il pranzo è finito sono diventati 17». I corrieri «che si connettono quando non devono sono uno spreco di soldi. Secondo me se tu il pomeriggio non li paghi e loro per mangiare devono connettersi la sera, vedrai che si connettono. Se gli dai la scelta, se ne fregano e prendono i soldi quando gli fa più comodo». Alla defezioni c’è sempre un ripiego, va bene anche il rider a casa con la febbre: «Gli ho chiesto di scendere in strada anche se malato. Gli do 50 euro».

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