Così Covid-19 fa aumentare i morti di tumore: «Cure spesso in ritardo e screening in calo»

L’analisi di Curigliano, professore di oncologia medica: il rischio mortalità è aumentato del 2 per cento

L’emergenza Coronavirus sta facendo riemergere la pandemia della sanità negata. Mentre gli ospedali convertono i reparti per ospitare i malati di Covid-19 e rinviano le operazione come in Lombardia e Lazio, lasciano scoperte le altre attività come la prevenzione. Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Nuovi Farmaci all’Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia e professore di Oncologia medica all’Università di Milano, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera spiega che «i dati raccolti nel 2020 ci informavano che dal 30 al 50% della work force, la forza lavoro dedicata alla cura dei tumori nei nostri ospedali, era stata dirottata nell’assistenza ai malati di Covid. Il che significa che dal 30 al 50% dei pazienti con malattie oncologiche non trovavano un’assistenza adeguata».


E così i ritardi nella diagnosi di malattia e nella possibilità di accedere alla chirurgia «hanno comportato un aumento del rischio di mortalità per i malati, rispetto alla situazione pre-Covid, del 2 per cento. Non solo: l’emergenza Covid ha penalizzato anche la prevenzione. In Italia, durante la prima ondata, si sono “persi” almeno un milione e 400 mila esami di screening». Per Curigliano è innegabile che il personale sia sotto stress: «Nella mia esperienza universitaria ho conosciuto medici giovani che, nelle fasi peggiori della pandemia, di fronte ai pazienti, sono andati incontro a burnout, anche per l’impossibilità di andare avanti nel loro percorso formativo. E molti medici hanno abbandonato la professione a contatto con i pazienti, abdicando alla vera missione del medico». Occorre, dunque, rimotivare i medici? «È indispensabile, altrimenti non si va avanti».


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