Stefania Salmaso, epidemiologa ed ex direttrice del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, oggi punta il dito sui morti per Coronavirus in un’intervista a La Stampa. Sostenendo che il numero è troppo alto e ingiustificato e segnalando che le cure non sono disponibili per tutti. Secondo Salmaso l’età media (alta) dei deceduti «è una delle motivazioni, ma non basta a spiegare la frequenza di decessi. Ci potrebbe essere qualche inefficienza del sistema sanitario, penso per esempio alla quantificazione della quota prevenibile con antivirali entro cinque giorni dall’infezione. Mentre i vaccini sono offerti a tutti, questi farmaci sono a rischio disuguaglianza e serve una campagna sul tema che coinvolga i medici di base». Per l’epidemiologa c’è un problema che non permette il confronto dei dati italiani con quelli del resto d’Europa: «Ogni Paese conta i morti diversamente, difficile fare confronti, ma occorre lavorarci. Al di là di questo in Italia si dovrebbe poter sapere età, regione e luogo dei decessi. Sarebbe utile alla prevenzione».
E cosa servirebbe? «Le regioni, coordinate dal ministero della Salute, dovrebbero collaborare a un sistema di informazione collegato con ospedali, medici di famiglia e laboratori di analisi. Non si possono combattere le nuove pandemie con gli strumenti del secolo scorso. Lo vediamo anche dalla difficoltà delle Asl a controllare isolamento e quarantena, che andrebbero automatizzati». Infine, dice Salmaso, il rischio di nuove chiusure è concreto: «Difficile dirlo, perché i Paesi più avanti dell’Italia nell’ondata come Sudafrica e Inghilterra sono molto diversi. Negli Usa invece il contagio continua a correre. Anche fosse vero, come suggeriscono i dati inglesi, che le ospedalizzazioni si riducessero di due terzi con Omicron, la nuova variante è quattro volte più contagiosa e i ricoveri aumenterebbero comunque. La teoria della “raffreddorizzazione” è fuorviante e pericolosa».
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