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O la pace o il condizionatore? La risposta dell’economista Becchetti: «Messaggio sbagliato, passare alle rinnovabili si può» – L’intervista

07 Aprile 2022 - 19:11 Sara Menafra
«Possiamo sostituire il gas russo con le rinnovabili già ora, e l'effetto annuncio sull'addio definitivo avrà impatto immediato sulle borse»

Il presidente del consiglio, Mario Draghi, ha apostrofato i critici con una battuta che è diventata anche “virale”. A proposito della proposta di abbandonare rapidamente il gas russo, per danneggiare l’economia di Mosca e costringere Vladimir Putin a ritirare le truppe dal territorio ucraino, ha risposto: «Volete la pace o il condizionatore acceso?». In realtà, dice il professor Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’università di Roma Tor Vergata e autore di diversi saggi sull’economia sostenibile, il quesito è mal posto: «Non mi piace molto il dibattito di questi giorni, in alcuni casi si pensa che l’unico sostituto al gas russo sia altro gas. Dobbiamo sostituire il gas russo con le energie rinnovabili», dice.

Professore, che impatto stanno avendo le sanzioni economiche sulla Russia finora?

«La forza della Russia sta nella vendita delle materie prime, soprattutto petrolio e gas. Un impatto forte potrebbe esserci se bloccassimo rapidamente le forniture di petrolio e gas ma non riusciamo a farlo. Per l’Italia vorrebbe dire ridurre di un quinto la fornitura energetica. Quello che potremmo fare è, però, annunciare che nell’arco di due anni interromperemo le forniture russe di gas e petrolio».

Avrebbe un effetto?

«Sì, avrebbe un impatto sul mercato. Se l’annuncio è ben formalizzato un impatto non secondario. Le sanzioni sono importanti ma non è con queste che riusciamo a bloccare la Russia. Finora la Russia ha reagito bene, il blocco delle attività all’estero della banca centrale, all’inizio ha fatto crollare il rublo che ha perso tantissimo valore. Ma poi il governo ha obbligato le società che vendono petrolio a convertire in rubli il denaro guadagnato».

Noi paghiamo ancora in euro

«Si ma basta che Gazprom e le altre società siano obbligate a convertire gli euro in rubli e il valore della moneta viene sostenuto».

Quindi la minaccia che saremo obbligati a comprare il gas in rubli?

«Non credo che si arriverà ad una prova di forza su questo, è interesse di entrambe le parti che il rapporto vada avanti. Ovviamente non è che le sanzioni non stiano avendo effetto del tutto: in Russia inflazione e tassi di interesse sono già al 20%. La popolazione sta subendo le conseguenze delle sanzioni».

Il fatto che la popolazione sia colpita può indurre il governo russo a ridurre la portata delle spese sulla guerra?

«Le sanzioni in genere rafforzano il consenso dei governi autocrati, perché questi dicono ai cittadini che sono i nemici a metterli in difficoltà e dunque riescono ad aumentare la coesione della popolazione. Non è un caso che il consenso di Putin sia aumentato e non diminuito. Certo la Russia potrebbe essere indotta a spendere meno per gli armamenti, ma questo lo si ottiene soprattutto bloccando la fornitura di componenti elettroniche importanti tanto più che le componenti migliori sono quelle americane».

Il presidente del consiglio dice che per aiutare la pace dovremmo ridurre i consumi, anche se siamo già coperti fino all’autunno. Cosa ne pensa?

«Dobbiamo sostituire il gas russo con le energie rinnovabili, non solo per la pace ma anche per la salute collettiva e per combattere il cambiamento climatico. Oggi è già possibile produrre autonomamente energia e liberarsi dal gas, non capisco perché non si sottolinei questo aspetto. Dobbiamo arrivare entro il 2030 al 40% di energia prodotta da rinnovabili, siamo al 16% e come ha detto Il Messaggero ci sono proposte per impianti eolici e fotovoltaici che rappresentano il 150% del gas russo. Il vero problema è accelerare queste autorizzazioni, non sostituire gas con altro gas».

Alcuni dicono che ci vuole tempo, il gas o comunque l’energia ci serve subito

«Basta autorizzare e nel giro di uno o due anni ce la facciamo».

Uno o due anni di gerra?

«No, certo ma approfittiamone per accelerare. La possibilità di singoli cittadini o imprese di mettere pannelli è ancora più rapida, si fa nel giro di qualche mese. Bisognerebbe incentivare dando un credito di imposta, al momento c’è solo per le regioni del sud e vale in tutto 150 milioni. Poi lo Stato può decidere subito di mettere pannelli su tutti gli edifici pubblici e incentivare i pannelli nei parcheggi che hanno un doppio effetto positivo: producono energia e riparano le macchine dal sole d’estate. Alcune aziende hanno fatto questo investimento prima della guerra e hanno già un vantaggio. Bisognerebbe dare questo segnale e far nascere anche comunità energetiche in cui i cittadini diventano produttori di energia».

Come funzionano?

«I cittadini diventano prosumer, si possono mettere insieme fino a 30 mila contatori. Producono energia tutti insieme magari con un grande impianto sopra una scuola, ad esempio, e si premia chi la usa istantaneamente».

E lo stoccaggio non è un problema?

«La produzione non è sempre uguale, ma esiste la tecnologia per accumulare energia, con batterie o impianti idroelettrici. E’ un problema che tecnicamente è stato già risolto».

Ci sono paesi che l’hanno già fatto?

«Soprattutto Danimarca e California. La California ha punte di uso di energia rinnovabile al 90% e in media è al 60%. Insomma si può lavorare per essere autonomi dal punto di vista energetico. Persino i paesi arabi, gli Emirati ad esempio, stanno investendo sul fotovoltaico».

Perché?

Sanno che ci sono problemi di emissioni e perché economicamente produrre energia così costa meno. Un confronto tra i costi ci dice che quello che è il modo meno caro per produrre energia».

Ieri è stato bloccato un parco eolico in Sardegna, per motivi paesaggistici.

Certamente il paesaggio è importante ma bisogna tenere conto di tutti gli aspetti, specie quando parliamo di parchi eolici off shore».

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