Ergastolo ostativo, Giuliano Amato: «Obbligati a rispettare il Parlamento»

Lo scorso 10 maggio il Senato ha chiesto più tempo per decidere sulla norma che non consente a un ergastolano di ottenere la liberazione condizionale se non collabora con la giustizia

«Comprendo le reazioni e i punti di vista di tutti ma alle Corti tocca essere equilibrate». Così il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato si difende dalle polemiche seguite alla concessione data al Senato di rimandare la decisione sull’ergastolo ostativo. Un anno fa la Corte aveva bocciato la norma dell’ordinamento penitenziario che non consente a un ergastolano di ottenere la liberazione condizionale se non collabora con la giustizia. E aveva concesso al Parlamento 12 mesi per riscrivere la legge. Il primo aprile il nuovo testo di legge è stato approvato dalla Corte e presentato al Senato che però, lo scorso 10 maggio, ha chiesto più tempo per decidere. La Corte presieduta da Amato a quel punto ha deciso di accettare la richiesta con altri 6 mesi di tempo, prorogando la decisione all’8 novembre prossimo. «Qui si tratta di bilanciare da un lato la tutela dei diritti delle persone in relazione ai presupposti per chiedere l’accesso ai benefici penitenziari», ha spiegato Amato intervistato dal Corriere della Sera, «dall’altro le particolari ragioni di sicurezza che la legislazione italiana ha sempre riconosciuto in materia di mafia».


«Nessun tradimento dei detenuti»

Riguardo l’appuntamento dell’8 novembre il presidente ha dichiarato: «Quando a novembre la Corte si troverà a decidere, non più in mia presenza, valuterà la situazione e in assenza di una riforma affronterà il problema se sancire l’incostituzionalità introducendo un vuoto legislativo che ora abbiamo voluto evitare. A quel punto spetterebbe al Parlamento colmarlo successivamente». L’accusa rivolta alla Corte dopo la concessione data al Senato è stata quella di aver tradito le attese dei detenuti. Ma Amato risponde: «La Corte s’è preoccupata più di chiunque altro di evitare che i condannati per reati di mafia subiscano vessazioni irragionevoli, è intervenuta su diversi aspetti del “41 bis”, il cosiddetto “carcere duro”, e abbiamo già dichiarato incostituzionale il diniego automatico dei permessi ai condannati che non hanno collaborato». E ancora: «Nel caso della liberazione condizionale, invece, spetta al Parlamento stabilire se e come regolarla, tenendo conto della maggiore severità che caratterizza la disciplina dei reati di mafia».


Il paragone con il suicidio assistito

Il confronto fatto da chi non ha visto di buon occhio la proroga concessa è anche rispetto alle altre questioni come suicidio assistito o l’attribuzione ai figli del doppio cognome. Amato risponde anche a questa obiezione sottolineando come fossero situazioni differenti: «In quei casi non era stato fatto nulla, mentre per l’ergastolo ostativo la Camera ha approvato una riforma che il Senato ha già inserito nel suo ordine del giorno, con la richiesta di attendere il voto finale. Non potevamo non tenerne conto».

«Non siamo la maestrina del Parlamento»

«Il vuoto normativo lascerebbe soli a decidere i giudici di sorveglianza, affidati a se stessi e alle proprie valutazioni, con tutti i rischi del caso, realizzando il massimo di incertezza del diritto» ha continuato il presidente evidenziando anche la natura del rapporto tra Corte e Parlamento. «C’è un problema di rispetto del legislatore, e noi non siamo la maestrina del Parlamento. Non diamo ordini, rivolgiamo inviti e non potremmo fare altrimenti. Se in un anno il Parlamento non si mostra in grado di affrontare una questione, com’è avvenuto per il suicidio assistito o il doppio cognome, io posso prendere la mia decisione senza tradire la leale collaborazione. Ma far valere una scadenza e non dare peso ai lavori in corso, soprattutto su questioni complesse, indebolirebbe la mia stessa credibilità rispetto alla leale collaborazione».

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