Violenza domestica, la Cedu condanna lo Stato Italiano. I magistrati non hanno fatto abbastanza per proteggere una donna perseguitata dall’ex

Silvia De Giorgi ha presentato 7 denunce tra il 2015 e il 2019: tutte nei confronti dell’ex marito

La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l’Italia per il «trattamento inumano e degradante» nei confronti di una donna vittima di violenza domestica. Silvia De Giorgi, residente nel padovano, sarebbe stata vittima dell’inerzia dei magistrati che non avrebbero fatto abbastanza per proteggerla dall’ex marito violento e che ora dovranno versarle 10 mila euro per danni morali. Tra il 2015 e il 2019 De Giorgi ha denunciato sette volte l’ex marito, da cui era separata dal 2013, per averla minacciata di morte, perseguitata, seguita e molestata e per averla colpita con un casco, averle messo telecamere in casa, aver maltrattato i tre figli e non aver pagato gli alimenti. Nonostante le numerose prove a sostegno di quanto affermato dalla donna nel corso degli anni, contenute nei rapporti dei carabinieri, dell’ospedale e dei servizi sociali, i magistrati incaricati di valutare il caso, segnalano i giudici di Strasburgo, non hanno preso alcun provvedimento. La loro inerzia, dice la sentenza, ha creato «una situazione di impunità» per l’ex marito, che deve essere ancora processato per un atto violento commesso il 20 novembre 2015, mentre le inchieste sulle denunce risalenti al 2016 sono ancora ferme.


Non è la prima volta che la Cedu si pronuncia contro le istituzioni italiane per il trattamento riservato ai casi di violenza domestica. L’ultima è stata i primi giorni di aprile scorso, quando la Corte di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano a risarcire 32 mila euro ad Annalisa Landi, vittima, con i figli, della violenza del compagno Nicolò Patriarchi. Nel 2018, l’uomo uccise il figlio Michele, di appena un anno, e non riuscì a fare lo stesso con la figlia solo perché Annalisa le fece scudo con il corpo. Le forze dell’ordine era intervenute più volte per sedare i litigi della coppia e proprio l’assenza di azioni ulteriori aveva portato la Cedu ad affermare che «i procuratori sono rimasti passivi di fronte ai gravi rischi che correva la donna e con la loro inazione hanno permesso al compagno di continuare a minacciarla e aggredirla».


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