Siccità, Cingolani preoccupato: «Costretti a chiudere alcune centrali idroelettriche». Il governo studia il razionamento dell’acqua potabile

Le centrali intorno al Po hanno subito i primi stop, e ora l’esecutivo lavora con le Regioni per evitare il disastro. Costa: «Ci sono le condizioni per decretare lo stato d’emergenza»

La siccità aggrava la crisi energetica. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ne ha parlato nel corso del suo intervento dell’Assemblea pubblica Elettricità Futura. «La politica dell’acqua non è scorrelata da quella energica», ha detto. «L’impatto è a 360 gradi. Basti pensare che in questo momento di estrema siccità si stanno chiudendo le centrali idroelettriche perché non c’è flusso. Sono molto preoccupato». Sull’acqua, ha detto, «abbiamo decisamente un problema: il flusso per l’idroelettrico è cruciale, anche per il raffreddamento delle centrali. Speriamo che sia una cosa contingente». Il tema delle centrali idroelettriche che rischiano lo stop a causa della siccità del fiume Po ha tenuto in allerta esperti e addetti ai lavori negli ultimi giorni. In Lombardia hanno già chiuso le centrali di Sermide, al confine con il Veneto, e parte di quella di Ostiglia nel mantovano. La crisi, che non toccava questi picchi da decenni, ha messo da tempo in difficoltà l’agricoltura della zona. Ora comporta problemi nelle aree montuose con le centrali idroelettriche, e in pianura con le centrali a ciclo combinato (gas), dove manca l’acqua per raffreddare gli impianti.


La situazione è al limite. Tra le soluzioni adottate al Nord per il breve periodo, il gruppo energetico Edison ha deciso – in intesa con la Regione Lombardia – di incrementare per 10 giorni (dal 16 al 26 giugno) i rilasci d’acqua nella Valtellina. Lo scopo è quello di «mitigare» la grave crisi idrica causata della scarsa piovosità iniziata nella seconda metà del 2021 e che, nei primi cinque mesi del 2022, ha portato a una «riduzione delle precipitazioni di circa il 60%, con conseguente contrazione delle produzioni idroelettriche di oltre il 50% rispetto alle medie storiche». L’Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) ha chiesto al governo di decretare lo stato di calamità e di istituire una cabina di regia per monitorare i bacini idrografici. A chiedere lo stato di emergenza per affrontare il problema della siccità nelle regioni del Nord – e avere così il supporto a livello nazionale della Protezione Civile – è anche la Conferenza delle Regioni, che oggi incontreranno i rappresentanti del Governo nella Stato-Regioni e domani vedranno il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio.


L’ipotesi razionamento

Il problema più grande è quello dell’approvvigionamento dell’acqua potabile in diverse regioni italiane, non solo al Nord (anche il Lazio è in sofferenza). «Credo ci siano le condizioni per arrivare a dichiarare lo stato di emergenza», ha commentato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa intervistato su SkyTG24. «La preoccupazione delle Regioni è giustificata e il Governo condividerà un percorso con loro». A seguito delle pressioni delle Regioni, l’esecutivo sta lavorando a un decreto siccità: il testo dovrebbe vedere la luce entro giugno. Tra le misure in arrivo anche un piano per la riduzione degli sprechi, come il razionamento dell’acqua e lo stop alla distribuzione nelle ore notturne. Ma saranno le Regioni a decidere come procedere insieme alla Protezione Civile.

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