Il governo Draghi e quei 9 miliardi “spariti”: dove sono finiti gli extraprofitti delle aziende dell’energia

Il governo non trova fondi per gli interventi sulle bollette e il carovita. Ma le imprese di gas ed elettricità non hanno pagato la tassa del 25% sul differenziale Iva. Ecco perché e cosa può succedere adesso

Dove sono finiti i dieci miliardi di extraprofitti delle aziende energetiche? Mentre il governo Draghi prepara un intervento per coprire gli aumenti del gas in arrivo su famiglie e imprese, la cassa piange. Con il Decreto Aiuti Bis l’esecutivo aveva programmato di incassare 10,5 miliardi di euro con una tassa una tantum sugli utili extra delle aziende del settore. In due tranche: la prima da pagare entro il 30 giugno (il 40%) e il resto il 30 novembre (per il restante 60%). Ma la maggior parte delle aziende ha deciso di non pagare. Confidando sull’incostituzionalità della misura. Per questo oggi il governo non sa dove trovare i fondi per l’intervento. E il tempo stringe. Si parla di un nuovo decreto ma anche di un emendamento proprio al Dl Aiuti Bis. Che dovrebbe arrivare in Aula al Senato per la conversione in legge il 6 settembre. Ma intanto c’è chi firma esposti alla magistratura e chi propone di aumentare la tassa dal 25 al 100%.


L’intervento sulle bollette

Con ordine. Il costo del gas è ormai vicino ai 350 euro al megawattora. Con questi prezzi, secondo i calcoli dell’Unione Consumatori, una famiglia tipo pagherà per la bolletta del gas 127 euro in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Anche per l’elettricità si attendono rincari. In media dovrebbero arrivare 80 euro di aumenti. Un totale di 200 euro in più soltanto per gli oneri dell’energia. In questa ottica, il governo ha cominciato la ricognizione per il reperimento dei fondi da utilizzare per le bollette del quarto trimestre 2022. L’esecutivo ha già escluso l’ipotesi di uno scostamento. Per quanto riguarda le coperture, sul credito d’imposta per le imprese energivore, che è in vigore fino a settembre, si valutano due ipotesi. Ovvero la proroga fino al termine dell’anno o un aumento dell’aliquota.


Saranno prorogati gli sconti sui carburanti in scadenza il 20 settembre, mentre ci sarebbero diversi dubbi, anche di carattere tecnico, sulla possibilità di un intervento per la cassa integrazione a favore dei lavoratori delle imprese che devono fermare o ridurre la produzione a causa del caro energia. Sul versante delle famiglie potrebbe essere potenziata la rateizzazione delle bollette. Una certezza è che si dovranno aspettare i dati agosto sul gettito fiscale. Mentre per soddisfare le richieste e le aspettative dei partiti servirebbero almeno una ventina di miliardi aggiuntivi, si stima a spanne, e le nuove entrate tributarie – anche queste al momento sono stime approssimative – potrebbero assicurare, forse, solo alcuni miliardi.

Il problema degli extraprofitti

Nel frattempo al Mef hanno una data segnata sul calendario. Mercoledì 31 agosto si chiude il ravvedimento per il pagamento dell’acconto sulla tassa degli extraprofitti delle aziende energetiche. Quello sarà il momento per avere delle stime precise su quanto c’è in cassa. Il contributo straordinario si calcola sull’incremento degli incassi tra il primo ottobre 2021 e il 30 settembre 2022. Se l’aumento è superiore al 10% del totale o maggiore di 5 milioni di euro bisogna pagare il 25% del contributo all’erario. In due parti, l’acconto a giugno e il resto a fine novembre. Ma qui sorge il primo problema. Il Mef aveva stimato che la tassa riguardava una platea di circa 10 mila aziende. La metà degli introiti, 5 miliardi, sarebbe arrivata dalle aziende medie e piccole. Il resto dai colossi come Eni ed Enel. Ma di miliardi in cassa alla fine ne è arrivato soltanto uno.

E questo perché la maggior parte delle aziende ha contestato la tassa sugli extraprofitti. Con alcuni argomenti giuridici e fiscali. Come quello della scelta del differenziale Iva per la valutazione degli extraprofitti. La scelta della variazione della cifra imponibile su cui si paga l’imposta sul valore aggiunto è un principio sbagliato, secondo le aziende, perché ci sono altre variabili che possono influenzare quel numero. Come per esempio l’incremento delle quote di mercato. Un altro argomento è che l’aumento derivava anche dal calo dovuto al lockdown, quando consumi e prezzi erano più bassi del normale. Tra le aziende che hanno proposto ricorso (dapprima davanti all’Arera e poi al Tribunale Amministrativo Regionale) ci sono anche le imprese del fotovoltaico aderenti a Confagricoltura. Con altri argomenti e la scadenza del 21 settembre come prima udienza utile per discuterli.

Quali imprese hanno fatto ricorso

Repubblica spiega oggi che a fare ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale del Lazio sono state una ventina di aziende. Una decisione è attesa per l’8 novembre. Le imprese mirano all’incostituzionalità della norma sulla scorta della sentenza della Consulta sulla Robin Tax, che però venne dichiarata fuorilegge solo per i prelievi futuri. Il quotidiano aggiunge che tra i ricorrenti ci sono aziende petrolifere come Kuwait Petroleum (Q8), Ip, Esso e Engycalor entrambe controllate da ExxonMobil. Alcune di loro, come Ip, hanno comunque pagato l’acconto. «Per noi petroliferi la beffa è ancora più clamorosa – racconta una fonte – perché la tassa colpisce anche le accise che siamo obbligati a versare quando vendiamo. Una tassa sulla tassa, ma così il contributo raddoppia, triplica». Nell’elenco non ci sono invece i colossi di Stato Eni ed Enel. C’è però Acea Energia Spa, la municipalizzata di Roma. E anche Engie Italia Spa, multinazionale francese di luce e gas.

Cosa ci si aspetta dal ricorso dell’8 novembre davanti al Tar? Tre sono gli scenari possibili, secondo un avvocato che segue il contenzioso «I giudici sospendono l’efficacia della norma e dispongono un rinvio alla Consulta: il saldo di novembre non si paga fino a quando l’Alta Corte non si pronuncia, di solito entro un anno o anno e mezzo. Oppure i giudici non accolgono il ricorso e tutti pagano tutto. Terzo scenario: il Tar rinvia alla Consulta, ma non sospende la norma: quindi il saldo si paga e poi si aspetta il rimborso». Secondo le imprese il problema potrebbe essere risolto con un’addizionale Ires, che colpirebbe davvero i profitti. La Lega ha proposto di aumentare dal 25 al 50% la tassa dopo la modifica sul differenziale Iva.

Gli esposti e le soluzioni

Nel frattempo c’è chi, come Europa Verde e Sinistra Italiana, ha chiesto l’intervento della magistratura. Un esposto chiede ai giudici di verificare se si sia di fronte al reato di evasione fiscale e frode e suggerisce il sequestro delle somme dovute. Mentre di fronte al mancato pagamento della prossima scadenza partirebbe la riscossione forzata dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Ieri intanto il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha chiesto al Mef di pubblicare i dati delle aziende presuntamente morose. Conte ha anche proposto di estendere la tassa degli extraprofitti «anche ad altri comparti, penso a quello farmaceutico e assicurativo, che durante pandemia hanno speculato accumulando profitti ingenti. Una variazione di bilancio ben costruita, frutto di una indirizzo economico strategico specifico, la possiamo reggere».

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