Michele Bravi all’esordio nel cinema a Venezia: «Dopo la pandemia avevo bisogno di contatto con le persone: per me una scommessa»

In Amanda di Carolina Cavalli, il cantante recita per la prima volta in un film in gara alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti extra

La voce di Michele Bravi – classe ‘94, nato a Città di Castello – non cambia mai; conserva sempre la stessa vibrante delicatezza. Mentre parla, canta o recita, ripercorre strade fatte di profondità e curve leggere. Non gira attorno alle cose; va dritta al punto. Ed è chiara, precisa e determinata. Amanda di Carolina Cavalli, presentato nella sezione Orizzonti Extra di Venezia, prodotto da Elsinore Film, Wildside e Tenderstories e al cinema dal 13 ottobre con I Wonder Pictures, segna l’esordio di Bravi nel cinema come attore. «Ci ho messo un po’ a prendere questa decisione», spiega, «perché mi sono sempre sentito limitato».


Da cosa?
«Dal mio senso del pudore. Ho iniziato con la musica, e ho deciso di continuare solo con la musica. Questa decisione l’ho presa dopo la pandemia, ma non saprei spiegare il perché. Forse è stata la possibilità di entrare in contatto con altre persone attraverso la scrittura».


In che modo?
«Io mi sono sempre trovato a metà. Come interprete e come cantautore. In questo caso, ho provato a leggere e fare mio quello che altri avevano scritto. Fare cinema è stata una scommessa per me. Questo è un film indipendente, e quella di Carolina Cavalli è una scrittura carismatica ma estremamente settoriale».

Amanda sembra rifarsi molto ai film di Wes Anderson.
«Ha un surrealismo quadrato. Spezzi la realtà per raccontare un concetto che è completamente estraneo. Anche il mio personaggio è così. Prima dice di non essere uno spacciatore, e poi spera di poter andare a una festa vestito da ortica. Ma sotto questa superficie c’è molto altro: c’è una complessità emotiva precisa e palpabile, molto più ampia».

Come si è avvicinato a questo progetto?
«Ho fatto il mio provino durante gli ultimi giorni di casting. Avevo letto la sceneggiatura, ma non avevo ricevuto nessuna direzione. Non sapevo cosa fare. Allora sono andato lì con la mia idea. E il provino è durato almeno due ore. Carolina Cavalli faceva Amanda, la protagonista, e io interpretavo il mio personaggio. Ci siamo ritrovati a improvvisare».

Si è creato un bel rapporto?
«Carolina è estremamente gentile nell’ascolto. Aver lavorato come sceneggiatrice, prima di fare il suo esordio alla regia, le ha permesso di trovare il tono giusto con cui impostare le cose. Con lei è facile trovarsi».

Perché ha scelto proprio questo film per il suo esordio?
«Perché Carolina ha un carattere incredibile e questa sceneggiatura è piena di ironia e di punti di contatto. Ci sono tanti mondi dentro, e sono tutti in continua sovrapposizione. Trovare dei registi, dei creativi, che hanno dentro di sé un altro universo ti dà sicurezza. Carolina sapeva cosa stava facendo».

Ora siete a Venezia, nella sezione Orizzonti Extra.
«Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto non avevamo grandi aspettative. Era tutto piccolo e indipendente. Questa è la mia prima volta nel cinema, ed è stato molto bello».

La doppia carriera, nella musica e nel cinema, può essere un limite?
«Forse per alcuni. Magari è un limite per chi ti ascolta da musicista. Oppure per una produzione che non vuole un nome già conosciuto nel cast di un film. Ma non è sempre così. Ci sono anche tante realtà aperte, pronte ad accoglierti. Amanda racconta proprio questo: un mondo senza pregiudizi. Il personaggio che interpreto è molto lontano da me, per dirne una, è etero. Eppure mi sono trovato a mio agio a interpretarlo».

Non è stato difficile?
«Questo è un lavoro di empatia. Entri in un mondo di scrittura che non è il tuo, che non sei tu; devi capire chi ti sta davanti e chi devi interpretare. Devi trovare una chiave per l’universalità. Nella mia testa, queste sono cose che dialogano, che si toccano, che si parlano».

Quindi, in futuro, la vedremo recitare in altri film?
«Sto già lavorando ad altri progetti. Non posso ancora dire nulla, purtroppo. Ma sono progetti molto, molto grandi, uno in particolare. E tutto è partito da Amanda: mi ha permesso di affacciarmi su contesti diversi e di incontrare altri registi che hanno una carriera decennale alle spalle».

Che lavoro è quello dell’attore?
«Un lavoro di solitudine ma, soprattutto, di concentrazione. Entri ed esci continuamente da un ruolo. Devi mantenere un contatto con il personaggio: porti con te qualcosa, e la porti con te finché non giri l’ultima scena».

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