L’ex comandante Schettino può uscire dal carcere: che lavoro farà fuori

L’uomo condannato per il naufragio della Costa Concordia, in cui morirono 32 persone, ha maturato i benefici per poter svolgere un’attività fuori da Rebibbia, dopo aver scontato metà dei 16 anni a cui è stato condannato

Francesco Schettino potrebbe uscire dal carcere. L’ex comandante della Costa Concordia, che sta scontando a Rebibbia la pena di 16 anni e un mese per il naufragio della nave da crociera in cui morirono 32 persone, potrebbe presto essere messo in libertà per accedere, secondo fonti vicine a Schettino, alla Discoteca di Stato – l’Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi – e occuparsi della digitalizzazione dei processi, in particolare quello per la strage di Ustica. Schettino ha scontato metà della pena, quindi la possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione in carcere.


Le tappe della vicenda

Francesco Schettino sta scontando la pena per il naufragio della nave da crociera Costa Concordia davanti all’Isola del Giglio, che costò la vita a 32 persone. Il 13 gennaio 2012, la nave da crociera fece un cambio di rotta per eseguire «un inchino», passando però troppo vicino all’isola e urtando un gruppo di scogli. Le operazioni di salvataggio dei passeggeri della Costa Concordia iniziarono in ritardo perché dalla plancia di comando, incalzati dalla Capitaneria di porto, il comandante Schettino e i suoi ufficiali negarono la gravità dell’incidente. 


Dopo varie vicende, l’11 febbraio 2015 arrivò la sentenza: l’ex comandante della Costa Concordia venne condannato a 16 anni e un mese di reclusione, la procura ne aveva chiesti 26. Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Firenze, nel maggio del 2017, anche la Corte di Cassazione condannò Schettino a 16 anni e un mese di reclusione per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave.

A inizio gennaio 2022, infine, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo respinse il ricorso presentato da Francesco Schettino e dal suo avvocato contro la condanna a 16 anni di reclusione inflitta all’ex comandante. Il ricorso, presentato il 12 gennaio 2018, contestava la violazione dei diritti fondamentali, ma la Suprema Corte – alla luce dell’insieme degli elementi in possesso – ha stabilito «che i fatti denunciati non rivelano alcuna apparente violazione di diritti e libertà». 

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