La storia politica di via della Scrofa, dove Silvio Berlusconi cercherà la riconciliazione con Giorgia Meloni

In una parabola temporale che va da Almirante a Lollobrigida, ecco una breve ricostruzione di fatti e aneddoti che hanno scritto le pagine della destra italiana

I partiti politici sono riconoscibili nell’immaginario collettivo per qualcosa che va oltre il profilo ideologico. Il simbolo, il colore, lo slogan, il volto del leader: questi sono i riferimenti immediati per l’opinione pubblica. Anche i luoghi delle sedi, per gli incontri e gli aneddoti storici che custodiscono, assurgono a elemento identitario delle organizzazioni politiche. Via della Scrofa è la storia della destra italiana, come furono Botteghe oscure per il Pci, piazza del Gesù per la Dc e via del Corso per il Psi. Silvio Berlusconi, invece, ha saputo – e potuto – imprimere a Forza Italia una connotazione geografica diversa. Non indirizzi, ma nomi di palazzi, ville e, talvolta, di interi comuni: da Palazzo Grazioli nel centro di Roma a villa Grande, sull’Appia Antica, da villa Certosa, in Sardegna, ad Arcore, cittadina brianzola conosciuta in tutta Italia essenzialmente per i vertici di centrodestra ospitati da Berlusconi a villa San Martino. La costante, nel trentennio berlusconiano, è che sono sempre stati gli altri a recarsi presso la corte del Cavaliere per incontrarlo. Tranne un paio volte. Le più clamorose sono quella di oggi, in cui sarà Berlusconi ad andare nel quartier generale di Giorgia Meloni, e quella del 18 gennaio 2014, quando il fondatore del centrodestra fu ricevuto – insieme a Gianni Letta – da Matteo Renzi al Nazareno, per siglare l’omonimo patto.


Ci sono due elementi che hanno segnato l’inizio della legislatura per il centrodestra. Il primo di carattere politico: i senatori di Forza Italia non hanno votato Ignazio La Russa per la presidenza di Palazzo Madama. Il secondo di tipo squisitamente umano: il foglio di appunti beccato dai teleobiettivi della tribuna del Senato in cui Berlusconi descrive Meloni come «supponente, prepotente, arrogante, offensiva e – barrato – ridicola». Una frattura scomposta nella coalizione che ha raccolto la maggioranza alle ultime elezioni. Il leader azzurro ha criticato in modo esplicito i veti imposti da Fratelli d’Italia sui nomi dei ministri che andrebbero a comporre il governo. Su tutti, pesa il niet di Meloni a un incarico per Licia Ronzulli. Per ricomporre la ferita – che ha fatto ventilare persino nelle file di Fratelli d’Italia l’ipotesi di un ritorno al voto -, i pontieri dei tre partiti di coalizione hanno lavorato incessantemente nel corso del weekend. Sembrerebbe che anche la famiglia del Cavaliere sia scesa in campo per sanare le frizioni. Il risultato è un incontro bilaterale nella sede di Fratelli d’Italia che si terrà nel pomeriggio del 17 ottobre. Già nelle scorse settimane, gli esponenti del primo partito italiano lamentavano l’impressione di sudditanza che mostravano andando loro da Berlusconi, a villa Grande. Evidentemente anche le condizioni fisiche del Cavaliere – ripreso claudicante nel passaggio dal catafalco, in Aula -, non permettevano di fare altrimenti.


Questa volta, però, il segnale da dare supera qualsiasi prerogativa: è Berlusconi, dopo che i suoi giudizi su Meloni sono stati resi pubblici, a dover tendere la mano alla presidente del Consiglio in pectore. Così, intorno alle 16, è previsto l’arrivo del Cavaliere in via della Scrofa. Si definiranno ulteriormente le posizioni di governo, che è essenziale conoscere anche per incastrare le caselle di vicepresidenti e questori delle Camere, i quali si eleggeranno mercoledì. Meloni potrebbe accogliere Berlusconi nella stanza che fu di Giorgio Almirante, il fondatore dell’Msi, di Pino Rauti, il «Gramsci nero» e di Gianfranco Fini. Già perché la storia della sede di Fratelli d’Italia è la storia della destra italiana che attraversa metà Novecento e arriva ai giorni nostri. Il 17 dicembre 1984 la inaugurò Almirante: 22 stanze, una superficie che superava i 500 metri quadri e la benedizione di tutti i locali fatta dal parroco di Sant’Agostino. Al civico 39 di via della Scrofa, che era costato ai missini circa tre miliardi di lire, quattro anni dopo saranno allestite le camere ardenti di Almirante e Pino Romualdi, altro fondatore dell’Msi: a maggio morirono entrambi a distanza di 24 ore. Andranno a farvi visita per un ultimo saluto anche due simboli della Resistenza come Nilde Iotti e Gian Carlo Pajetta.

In quella strada che congiunge via della Stelletta e via delle Coppelle, al piano terra, oggi c’è la redazione del Secolo d’Italia. Il giornale online di destra è diretto da Italo Bocchino che, spesso, si vede entrare e uscire dal portone. Chissà se oggi incrocerà lo sguardo del Cavaliere, in un ricorso storico che vede le posizioni di potere ribaltarsi. A lui e a Fini, quando nel 2010 ruppero con i vertici del Popolo della Libertà, Berlusconi prometteva: «Dalla fogna li ho fatti uscire e nella fogna li faccio tornare». Invece, i riflettori della cronaca, 12 anni dopo, sono puntati proprio su via della Scrofa, diventata il fulcro del centrodestra, lasciando sotto un’ombra decadente le ville berlusconiane. Tornando alla storia di via della Scrofa, come si è passati da vedere gironzolare in quegli uffici Almirante, Romualdi, Tatarella e Fini ai nuovi e potenti Ciriani, Crosetto, Donzelli e Lollobrigida? Quando l’Msi si spense, attraverso la cosiddetta «svolta di Fiuggi» del 1995, dalle sue ceneri nacque Alleanza nazionale: il partito di Fini conservò sia la fiamma disegnata dal pugno di Almirante nel logo sia la sede dove si era consumata la storia missina. Prima di trasferirsi in via Nazionale 82 – convinti che al nuovo soggetto politico servisse più spazio -, in via della Scrofa si racconta che Fini bevve un caffè con il presidente Cossiga il giorno della Festa della Liberazione, il 25 aprile 1993.

La Fondazione Alleanza nazionale continua negli anni a essere proprietaria dell’immobile. Nel 2019, poiché «la Fondazione ha necessità di rendere redditizio il proprio patrimonio», vengono cedute in affitto a Fratelli d’Italia alcune stanze. Il partito di Meloni, oltre a conservare nel simbolo la fiamma missina, riesce a riconnettersi anche con la sua storia logistica. Via della Scrofa diventa così un unicum di longevità di sede politica nel panorama italiano. Ad esempio, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, sopravvissuti alle varie epoche politiche, mossero qui i primi passi. «Incontro Berlusconi-Meloni in via della Scrofa? Non è così fondamentale, uno si incontra di volta in volta dove è più utile e comodo e non c’è nulla di male nell’incontrarsi in via della Scrofa», chiosa Giovanni Donzelli, esponente di vertice di Fratelli d’Italia, a poche ore dal bilaterale che sancirà probabilmente la riconciliazione. Ma per la rarità delle occasioni in cui è stato il Cavaliere ad andare in visita nelle sedi di altri partiti, la riunione di oggi racchiude già nella scelta del luogo una serie di significati. È il passaggio di testimone plastico della leadership del centrodestra? Forse. Sicuramente è l’ennesimo passaggio decisivo di una via che, a dispetto del nome, è diventata documento urbanistico della politica italiana.

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