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La nuova variante Cerberus in crescita, allarme Ecdc: «A gennaio causerà l’80% dei contagi»

23 Ottobre 2022 - 09:13 Redazione
La BQ.1 è una sottovariante di Omicron capace di eludere più facilmente il sistema immunitario, ma secondo gli esperti non dovrebbe portare a più casi di malattia severa tra i contagiati

«Tra metà novembre e inizio dicembre potrà causare più del 50% delle infezioni». È questa la sentenza dello European Centre for Disease Control sulla nuova variante Covid che sta già colpendo numerosi Paesi: tra cui la Francia – dove conta il 19% delle infezioni – e gli Usa – dove la sua presenza raddoppia ogni settimana. Si chiama Cerberus, così è stata battezzata colloquialmente la BQ.1. Secondo l’Ecdc, entro l’inizio del prossimo anno, «ci si attende che più dell’80% dei casi siano provocati da BQ.1». Attualmente in Italia siamo al 5%. È importante tenere presente – fa notare a la Repubblica Carlo Federico Perno, virologo direttore della microbiologia al Bambin Gesù di Roma – che «non stiamo parlando di nuove varianti, ma di sottovarianti. La distinzione è importante. BQ.1, infatti, ricade sempre nella famiglia di Omicron, non è particolarmente differente dal virus attuale. Può darsi che i contagi tornino ad aumentare, ma non ci aspettiamo dei balzi nella severità dell’infezione, né che i vaccini abbiano sostanziali cali di efficacia».

Negli Usa casi raddoppiati in una settimana

Secondo l’Ecdc, Cerberus «contribuirà probabilmente a un aumento dei casi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi». Se in Italia si ferma a un ventesimo dei contagi, in Belgio sono il 9%, così come in Svizzera, in Gran Bretagna sono l’8%, in Irlanda il 7%, e al 6% nei Paesi Bassi. Negli Usa si è passati dal 8% al 16,6% in soli sette giorni, raddoppio che ha portato l’immunologo Anthony Fauci a definire Cerberus «piuttosto preoccupante». Il segreto della diffusione della nuova variante sta nella sua capacità di eludere il sistema immunitario. Tuttavia, poiché si tratta di una sottovariante di Omicron non ci si aspettano differenze nell’efficacia dei vaccini né dei farmaci antivirali. Inoltre, «non ci sono evidenze che Cerberus sia associata a una malattia più severa», informa l’Ecdc. Dove invece potrebbe fare la differenza, è nella lotta con gli anticorpi monoclonali del corpo umano che a causa delle nuove mutazioni potrebbero non riuscire a bloccare più il virus.

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