Ginnastica, il monologo di denuncia di Carlotta Ferlito: «Questo sport non può e non deve più essere fatto anche di violenze psicologiche e fisiche» – Il video

L’atleta azzurra durante la trasmissione “Le Iene”: «Nessuna dovrebbe essere costretta a dimenticare il confine tra normalità e malattia, né dovrebbe essere presa a sberle, umiliata, chiamata “maiale”, o costretta a fare esercizi in cui rischia l’osso del collo per punizione»

Carlotta Ferlito, la ginnasta 27enne che ha partecipato a due Olimpiadi e ha all’attivo un argento nella specialità della trave e un bronzo di squadra europeo, ha raccontato le violenze fisiche e psicologiche subìte durante i suoi anni da atleta. L’ex Azzurra, nel suo monologo mandato in onda durante la trasmissione Le Iene, su Italia 1, ha raccontato il grande dolore per aver dovuto dire addio al suo sport, dopo tanti anni da ginnasta ai massimi livelli: «Vi assicuro che per un’atleta la cosa più difficile al mondo è essere allontanata dallo sport che hai praticato fin da piccola, lo sport per cui hai dato tutto. Ma io ho parlato con la convinzione che se provi a far sentire la tua voce, alla fine, qualcuno ti ascolta». E Ferlito ha lanciato un duro appello, inanellando una serie di episodi a cui ha assistito, o che ha subìto durante la sua carriera: «Questo sport non può e non deve più essere fatto anche di violenze psicologiche e fisiche. Nessuna ragazzina dovrebbe essere presa a sberle, umiliata se chiede di andare in bagno, costretta a fare esercizi dove rischia l’osso del collo solo per punizione, o essere chiamata “maiale” per aver osato mangiare un biscotto in più».


E Ferlito incalza: «Nessuna dovrebbe essere costretta a dimenticare dove sta il confine fra il giusto e lo sbagliato, fra normalità e malattia, come invece è successo a me, che, a un certo punto, ho accettato quasi tutto: io ho reagito e, oggi, quel confine ce l’ho ben presente. Per questo voglio scegliere con la mia testa, imparare a guardare al mio fisico con affetto anziché con paura, recuperare le cene saltate, stare lontana dalla violenza e imparare a perdonarmi». Da qui l’invito a tutte le ginnaste a prendere in mano la propria carriera e la propria vita, senza che siano altri a decidere per loro cosa sia giusto per la loro attività agonistica, perché lo sport è certo fatto di disciplina e sacrifici, ma esiste una linea che non andrebbe mai superata: «Voglio decidere quando e come inizia e finisce la mia carriera. Voglio essere autonoma, anche scomoda se serve, non obbedire a nessuno. Ogni giorno cerco di migliorare, proprio come facevo in passato, da atleta. Solo che oggi lo faccio da persona, da donna. E questa volta lo faccio da sola, senza che nessuno possa permettersi di dirmi che cosa è giusto e cosa è sbagliato per me».


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