Nega di aver rilasciato interviste né di aver ricevuto minacce il 59enne, tra gli autori delle vignette apparse sulla rivista satirica francese nel numero sulle proteste in Iran
Non ci sarebbe stata alcuna minaccia contro il vignettista italiano Paolo Lombardi, tra gli autori delle vignette pubblicate da Charlie Hebdo nel numero speciale sull’Iran. Il disegnatore 59enne di Arezzo ha smentito quel che aveva rivelato l’agenzia Ansa ieri 5 gennaio che, citando fondi di polizia, aveva parlato di un innalzamento dei livelli di vigilanza intorno al vignettista dopo aver ricevuto minacce. La notizia è stata ripresa da quasi tutti i media italiani, ma su Facebook Lombardi spiega: «Per chiarezza io non ho rilasciato nessuna intervista che vedete pubblicata, non ho ricevuto minacce come hanno scritto i giornali, hanno pubblicato una notizia falsa». Il vignettista quindi nega di aver parlato con alcun giornalista e smentisce ogni virgolettato riferito a sé, assicurando di non aver nessuna intenzione di rilasciare ora interviste.
Ferito nell’orgoglio per la sconfitta di misura alle ultime elezioni presidenziali in Brasile, Jair Bolsonaro non ha scatenato i suoi contro il rieletto Lula, come fece due anni fa negli Usa Donald Trump con Joe Biden, ma come il suo amico e modello americano ha disertato platealmente la cerimonia d’insediamento del successore, svoltasi domenica 1° gennaio. Ma non è stato l’unico sgarbo del presidente uscente nei confronti di Lula, si apprende ora. La catena televisiva brasiliana GloboNews ha infatti testimoniato lo stato in cui Bolsonaro ha lasciato l’Alvorada, il palazzo presidenziale di Brasilia. Deteriorato. A invitare la giornalista Natuza Nery a vedere la situazione coi suoi occhi è stata la first lady, Janja Lula da Silva, che ha raccontato lo stupore provato da lei e dal marito una volta rientrati nel palazzo, dove avevano già vissuto per sette anni, dal 2003 al 2010, durante i primi due mandati di Lula alla guida del Brasile. L’Alvorada è considerato uno dei capolavori dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer (scomparso nel 2012), che negli anni ’50 del 1900 progettò e poi guidò la costruzione della nuova capitale del Paese, Brasilia.
Danni collaterali
La signora Lula ha detto a GloboNews di voler riaprire presto alle visite la parte pubblica del Palazzo. Ma non prima che saranno stati eseguiti i necessari lavori di riparazione. Nelle sale dell’Alvorada, infatti, gli anni di Bolsonaro hanno lasciato in eredità tappeti divelti, divani rovinati, infiltrazioni ai muri e finestre danneggiate. Non solo: secondo le prime verifiche della famiglia e dello staff di Lula, dalle pareti del palazzo mancherebbero all’appello alcune opere d’arte. Mentre altre di quelle presenti nel salone di Stato, una sala per le riunione ufficiali della presidenza, appaiono danneggiate dalla luce del sole. E nello stesso ambiente il pavimento appare rovinato in più punti. Un vero disastro. Ecco perché Lula, quando ha rimesso piede nel palazzo questo venerdì, è rimasto «scosso», ha ammesso la first lady. Anche per una delusione tutta personale: durante gli anni della sua presidenza, l’ex sindacalista aveva piantato un mandacaru, una specie di cactus tipica del Brasile, che sarebbe dovuto crescere negli anni. Ma tornato all’Alvorada, Lula non lo ha più ritrovato: l’albero è stato nel frattempo rimosso sotto la presidenza di Bolsonaro.
Per mettere una pezza, anzi parecchie, allo stato disastroso del palazzo, i signori Lula si apprestano dunque a iniziare lavori di riparazione e restauro degli ambienti. E il trasloco, almeno per il momento, è così gioco forza rimandato.