L’avvocato degli invalidi sotto inchiesta: «Intascava il 70% dei risarcimenti»

Raffaele Gerbi è indagato insieme ad altre dodici persone e ad alcune società di consulenza a lui riconducibili

Raffaele Gerbi è il titolare di uno studio di consulenza di avvocati a Roma. I giudici di Milano hanno deciso nei suoi confronti il sequestro di 40 milioni di euro. Con l’accusa di aver truffato i suoi clienti vittime di incidenti stradali. Il 56enne titolare di uno studio di mediazione è indagato insieme ad altre dodici persone e ad alcune società di consulenza a lui riconducibili. Lo accusano di aver truffato le vittime più vulnerabili: gli invalidi. Trattenendo per sé fino al 70% dei 68,5 milioni di euro liquidati dalle compagnie assicurative ai clienti. Il Giudice per le indagini preliminari Cristian Mariani parla di una truffa attraverso l’asimmetria informativa dei «patti per quota lite».


Cosa sono i patti per quota lite

Ovvero, gli accordi con cui un avvocato o un consulente propone al cliente un obiettivo di risarcimento rispetto al quale si assume tutti gli oneri e le spese. In cambio della possibilità di incamerare tutta o gran parte della somma eventualmente ottenuta in più rispetto all’obiettivo di transazione. Secondo gli inquirenti il gruppo di Gerbi prospettava all’assistito un risarcimento di mezzo milione di euro. Quando invece la quota giusta sarebbe stata intorno ai 4 o 5 milioni. La Cassazione ha definito questo comportamento come un «silenzio malizioso». E qui risiederebbe, secondo l’accusa, la «truffaldina induzione in errore» delle vittime di incidenti. Che venivano sfruttate nella loro «condizione di minorata difesa» a causa delle lesioni gravissime. E a cui l’avvocato faceva sottoscrivere patti di quota lite svantaggiosi. Due impiegati di banca gestivano i conti in Fideuram e Bper. Oggetto oggi di un’indagine da parte di Bankitalia.


La posizione dell’avvocato

Il Corriere della Sera fa sapere oggi che i difensori (tra cui Astolfo D’Amato, Mattia Di Mattia, Vinicio Nardo, Daniele Ripamonti, Gianluca Tognozzi) per contestare l’accusa di truffa hanno prospettato l’assenza di trucchi nei patti di quota lite proposti ai clienti. Che a loro avviso erano invece assai migliorativi dei target ventilati ai clienti da precedenti avvocati. E hanno rimarcato chei bonifici di retrocessione a Gerbi di parte dei risarcimenti fossero firmati dai clienti. Ma il Gip non ci ha creduto.

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