La difesa di Donald Trump dall’accusa di stupro: «Non conosco quella donna, penso che sia pazza»

La giornalista Elizabeth Jean Carroll lo ha denunciato per violenza sessuale e diffamazione. L’udienza del testimone

Nel giugno 2019 la giornalista statunitense Elizabeth Jean Carroll aveva pubblicamente accusato l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump di violenza sessuale. Tre anni dopo Carroll ha portato in tribunale il tycoon accusandolo di stupro e diffamazione. Lo aveva fatto in base dell’Adult Survivors Act, ovvero una legge statale che consente alle vittime di stupro di fare causa anni dopo la violenza subita. Lo scorso ottobre Trump ha testimoniato nel processo, anche se le sue dichiarazioni sono diventate pubbliche soltanto ieri. E ha risposto a Carroll insultandola: «Non la conosco. Penso sia malata. Malata mentalmente», ha detto. E poi: «Ha detto che le ho fatto qualcosa che non è mai successo. Non c’è stato mai nulla con questa pazza».


L’accusa di Elizabeth Jean Carroll

Gli estratti della deposizione rivelano una battaglia tra Trump e Roberta Kaplan, avvocata della Carroll. Che lo ha interrogato mentre Trump definiva l’ex editorialista di lungo corso della rivista Elle l’autrice di «una truffa completa». Nella quale lei descriveva lo stupro mentre «promuoveva un libro davvero scadente». L’ex presidente degli Stati Uniti, per difendersi dall’accusa, aveva tra l’altro detto che Carroll non era «il suo tipo». Kaplan ha chiesto in udienza a Trump di spiegare le sue affermazioni. Trump ha detto che voleva intendere che non si sentiva attratto da lei. Il giudice ha anche respinto la richiesta del tycoon di rigettare l’azione legale.


La denuncia

La denuncia di Carroll fa riferimento a fatti accaduti oltre 30 anni fa. La giornalista avrebbe incontrato l’ex presidente per caso nel grande magazzino Bergdorf and Goodman sulla Fifth Avenue. Trump le avrebbe chiesto una consulenza per trovare un regalo a una donna. Invitandola poi a provare della lingerie in un camerino. «Chiuse la porta del camerino e mi spinse contro la parete, colpendomi alla testa molto forte. Mise la bocca sulle mie labbra, e un attimo dopo, ancora vestito in abito da lavoro, camicia, giacca, cravatta e cappotto, si abbassò la cerniera dei pantaloni», raccontò Carroll.

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