Il reattore a fusione nucleare e gli studi Enea e Terna: come funziona e a cosa serve il Divertor Tokamak di Frascati

Sono iniziati i lavori per portare la corrente al meccanismo che sarà pronto nel 2028

Una piccolo sole a Frascati. Nella cittadina in provincia di Roma proseguono spediti i lavori per dare il via all’esperimento di fusione nucleare di Enea e Terna. Nel 2028 dovrebbe replicare nel Lazio le reazioni che avvengono all’interno di una stella. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha dato il via libera ai lavori. Che porteranno al centro sperimentale l’energia di cui il reattore ha bisogno per funzionare. Verranno posati tre cavi sotterranei ad alta tensione (150 Kv) per un totale di circa 40 chilometri, verrà costruita una nuova stazione di smistamento elettrico. E verrà adeguata quella di Roma Est, nel comune di Gallicano. L’investimento totale di Terna tocca i 70 milioni di euro per portare la corrente necessaria al Divertor Tokamak Test (Dtt), così si chiama l’esperimento. Per l’intero progetto si prevede una spesa di 600 milioni di euro. A cui la Regione Lazio ha contribuito con 25 milioni per i magneti e 34 milioni per completare l’impianto. Sono quasi 200 i milioni già investiti.


Ma quanto consuma?

Si tratta di una macchina progettata per arrivare alla fusione nucleare dell’idrogeno, così come avviene nel Sole. Il tokamak è una camera a forma di ciambella nella quale il gas viene scaldato fino a raggiungere decine di milioni di gradi di temperatura necessari per raggiungere la fusione. Tutto questo calore deve essere generato, e per questo c’è bisogno di una rete elettrica in grado di sostenere lo sforzo. Per questo Enea ha chiesto che la fornitura venga potenziata. Ogni ciclo del reattore consuma tanta energia quanta una famiglia in un intero anno. Ma – assicura a la Repubblica Roma il presidente del Cda di Dtt Francesco Romanelli – non è molta. E soprattutto di quante ne può essere potenzialmente prodotta nella fusione. È dello scorso mese l’annuncio che conferma che per la prima volta questo processo è riuscito a produrre più energia di quanta ne ha generata, aprendo le porte all’uso della fusione nucleare come metodo di produzione energetica. Ma di quanta energia si consuma, in numeri? «Le durate degli impulsi sono limitate, nell’ordine di 100 megawatt per un centinaio di secondi. Quindi 10 mila megajoule. Un kilowattora sono 3,6 megajoule», spiega Romanelli.


Come estrarre e dissipare l’energia termica

Tuttavia, l’obiettivo che si persegue con il reattore laziale non è cercare di produrre più energia di quanta se ne consuma. Piuttosto, cercare di capire come estrarla «dal centro della macchina verso la periferia». E poi dissiparla o metterla in rete, processo senza la quale è inutilizzabile. Bisogna trovare un modo di convertire l’enorme calore generato dalla fusione in elettricità. Le temperature raggiunte sono pari a quelle del Sole. E infatti uno «scopo del nostro esperimento è dimostrare che possiamo fare degli oggetti che possono sopravvivere sulla superficie del Sole», prosegue Romanelli, professore di Fisica dell’energia nucleare all’Università di Tor Vergata. Tutto gira intorno ai materiali utilizzati. Bisogna trovarne uno che resista alle temperature estreme. Per l’estrazione dell’energia, al momento l’ipotesi più probabile è che ciò avverrà scaldando dell’acqua, che diventata vapore e farà girare delle turbine.

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