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Maria Mesi alias Tecla: chi è l’ex amante di Matteo Messina Denaro indagata per favoreggiamento

maria mesi amante matteo messina denaro indagata
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La perquisizione ad Aspra. La relazione con il boss. Le vacanze in Grecia. Le lettere d'amore. E quella passione comune: i videogiochi

Nell’inchiesta su Matteo Messina Denaro torna un nome dal passato: quello di Maria Mesi. Ieri i carabinieri del Ros hanno perquisito l’abitazione della donna e del fratello Francesco, due case in una palazzina di via Milwaukee a poca distanza dall’alcova di un tempo ad Aspra, frazione marinara di Bagheria. L’accusa, come 20 anni fa, è ancora quella di favoreggiamento, reato per cui entrambi sono stati condannati in via definitiva. Maria solo a 3 anni perché in Cassazione è caduta l’aggravante mafiosa, incompatibile, secondo i giudici, con la sua relazione amorosa con l’ultimo dei Corleonesi. I militari avrebbero portato via dalla residenza computer e telefoni. Sospettando che la donna e il fratello mantenessero ancora contatti con il padrino, attraverso la sua famiglia.

Mary o Mariella, alias Tecla

Maria Mesi è nata nel 1965. Nei pizzini che ‘U Siccu gli scriveva la chiamava con un nome in codice: Tecla. Lei si firmava invece Mary o Mariella. La relazione con il boss risale agli Anni Novanta. Maria Mesi alias Tecla per anni ha lavorato alla Sud Pesca, impresa di conservazione del pesce, di proprietà del fratello di Filippo Guttadauro, Carlo. Francesco, invece, e la terza sorella Paola, erano alle dipendenze dell’ingegner Michele Aiello, già condannato a 16 anni per mafia. L’imprenditore, sospettato di aver investito i soldi del boss Bernardo Provenzano nella sua clinica di Bagheria, fu coinvolto nell’inchiesta sulle cosiddette talpe alla Dda. Ovvero quella sulla rete di insospettabili, tra cui anche esponenti delle forze dell’ordine, che dando ai boss informazioni riservate ha consentito loro, per anni, di evitare le manette. Il libro “L’invisibile” di Giacomo Di Girolamo racconta i rapporti tra lei e il figlio di Don Ciccio.

La relazione tra Alessio e Tecla

Mesi era la sorella della segretaria di Aiello. L’inizio della relazione con il boss è datata 1994. Avrebbe regalato al boss profumi e polo. La loro alcova era un appartamento alla periferia di Palermo regalato dai fratelli Graviano. Ma i due avevano anche la disponibilità di una villetta vicino Bagheria. I due sono andati anche in vacanza insieme in Grecia nel giugno 1994. All’epoca Messina Denaro si faceva chiamare Matteo Cracolici. Un’altra vacanza risale all’agosto 1995 in un residence a San Vito Lo Capo. La corrispondenza rivela i termini della relazione tra i due: «Ho voglia di darti tantissimi baci, mi manchi un mondo», gli scriveva lei. E ancora: «Avrei voluto conoscerti fin da piccola e crescere con te. Sicuramente te ne avrei combinate di tutti i colori perché da bambina ero un maschiaccio». In altre corrispondenze Maria accettava che la latitanza del boss impediva il coronamento del suo sogno d’amore: «Ho pensato molto al motivo per cui non vuoi che viva con te. Credo di averlo finalmente capito. Capisco, ma non sono d’accordo. Ma siccome ti rispetto tantissimo, di conseguenza rispetto le tue scelte. Ti amo e ti amerò per tutta la vita. Tua per sempre, Mari».

Il boss e i videogiochi

Mesi ebbe anche un ruolo nella scoperta della passione segreta di Iddu: i videogiochi. Il giovane Matteo era un frequentatore delle sale giochi di Castelvetrano. Successivamente sviluppò una passione per la console Nintendo. Il Nintendo Entertainment System conosciuto con il nome di Family Computer venne distribuito per la prima volta nel 1983. Mesi consigliava il boss sui giochi: «Ti prego, non dirmi di no. Desidero tanto farti un regalo. Sai, ho letto sulla rivista dei videogiochi che è uscita la cassetta di Donkey Kong 3 e non vedo l’ora che sia in commercio per comprartela. Quella del Secret of Maya 2 ancora non è arrivata. Sei la cosa più bella che ci sia». Secondo i racconti Messina Denaro giocava con la serie Lara Croft e con Super Mario Bros. Apprezzava anche i giochi di calcio e d’avventura. D’altro canto il padre Francesco invece apprezzava i film «di sparare», ovvero i western. Un’altra passione di Messina Denaro sono i puzzle: nel covo di via Milwaukee c’era una lettera di Mesi a una casa produttrice: chiedeva di recuperare un “pezzo mancante”.

Le condanne

Gli investigatori hanno raccontato i suoi metodi per occultarsi all’epoca degli incontri con Iddu: «Il 30 aprile 1997, alle 23.30, camminava palesemente travisata con cappello, occhiali e mantella, di cui si liberava appena voltato l’angolo». Maria Mesi e il fratello Francesco hanno ricevuto una condanna ciascuno per favoreggiamento. Mary non scontò tutta la pena per la buona condotta. Francesco Mesi è stato condannato a 4 anni di carcere. Il comune di Bagheria inizialmente gli negò l’apertura della torrefazione Agorà. Francesco fece ricorso al Tar e vinse. L’altra sorella Paola non è mai stata indagata. Ora la famiglia Mesi potrebbe essere decisiva nella ricostruzione della lunga latitanza del padrino. In cella sono già finiti Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che gli ha prestato l’identità, e Giovanni Luppino, l’incensurato che ha accompagnato il boss alla clinica La Maddalena nel giorno dell’arresto. Uno è accusato di associazione mafiosa, l’altro, come i Mesi, di favoreggiamento.

Le videocamere

Prosegue anche l’analisi delle immagini registrate dalle videocamere di sorveglianza installate a Campobello di Mazara, grazie alle quali è emerso che l’Alfa Romeo Giulietta acquistata di persona dal boss a Palermo è stata ripresa sia sabato 14 gennaio sia domenica 15, un giorno prima dell’arresto. Il legale di Luppino ha fatto sapere di aver presentato istanza di scarcerazione del cliente al tribunale del Riesame. La sua tesi è che l’autista dell’ex latitante ne avrebbe ignorato la vera identità. L’avrebbe conosciuto col nome di Francesco solo qualche mese prima. E l’avrebbe rivisto la mattina stessa del bliz, quando il boss si presentò a causa sua per chiedergli un passaggio per il centro medico dove doveva fare la chemioterapia. Una ricostruzione a cui i magistrati non credono.

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