«Non sono una prostituta». È questa la prima frase del libro scritto da Karima El Mahroug, conosciuta per il suo vecchio soprannome «Ruby rubacuori», insieme alla giornalista Raffaella Cosentino. «Ho fatto la ragazza immagine – continua nella sua biografia -, la cubista, la panettiera e la venditrice ambulante, la bagnina senza saper nuotare, l’estetista senza avere alcuna qualifica, ho frequentato la casa del presidente Berlusconi, ho dormito molte notti su una panchina, sono scappata da 18 comunità. Avrei potuto fare la prostituta, ma non l’ho fatto». Questa mattina, 15 febbraio, sia Berlusconi sia El Mahroug sono stati assolti – insieme agli altri 26 imputati – dalle accuse di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza nell’ambito del processo Ruby Ter. «Ero ufficialmente parte lesa, ma di fatto un giudizio su di me era stato già emesso: una prostituta minorenne», racconta ancora Karima El Mahroug nella sua biografia. «Si dibatté molto a lungo se fosse nota o meno la mia reale età. La prostituzione era data per scontata, un dato di fatto».
Il processo
«Dopo lo scoppio dello scandalo che fece tremare i palazzi, anche la mia vita andò abbastanza in frantumi – prosegue la donna -. Analizzando e guardandomi da così lontano, mi vedo in balia degli eventi, della mia inconsapevolezza, di un finto amore». Nella sua biografia, El Mahroug racconta dettagliatamente come gli ultimi sei anni di vicenda giudiziaria le hanno sconvolto la vita. «Le telecamere, i giornalisti, le persone per strada: tutti volevano vedere la prostituta del Presidente, nessuno che abbia visto una ragazzina di 17 anni, inseguita, usata, fotografata, braccata in ogni momento». Karima ricorda che quando si aprì l’inchiesta non si faceva che parlare del suo presunto rapporto con Berlusconi. Eppure, ricorda oggi la donna «io ero un piccolo anello narrativo necessario ad un racconto che non parlava di me. Ero sotto gli occhi dei riflettori, ma mai a fuoco. Una bambola».
La prima serata ad Arcore
Nella sua biografia, El Mahroug descrive poi la prima serata trascorsa nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. «Il Presidente mi offrì il posto accanto a lui e gli occhi addosso delle altre ragazze un po’ mi mettevano in imbarazzo. Iniziò la cena e mi fu chiesto di presentarmi: avevo la risposta già collaudata: “Mi chiamo Ruby Hayek, sono metà egiziana e metà brasiliana, ho ventiquattro anni. Mia madre è una cantante molto famosa in Egitto”», ricorda oggi El Mahroug. La donna dice poi di essersi sentita «fuori luogo» e ripercorre un suo dialogo con lo stesso Berlusconi.
«Al momento del dolce, mi rivolsi al Presidente: “Scusa, ti posso parlare un momento?”. Il gelo intorno. Fu molto educato e cortese, ci alzammo. ‘Io non sapevo che si trattasse di una cena, pensavo di andare a ballare in discoteca e, noi ci cambiamo lì di solito: non mi sento vestita elegante. Non so di che parlare, mi sento un po’ a disagio e poi è San Valentino e vorrei fare una sorpresa al mio fidanzato’. ‘Che lavoro fa il tuo fidanzato?’ ‘Ha un’agenzia di ragazze immagine’. ‘E tu sei innamorata’? ‘Sì’. ‘Va bene vai pure, ci vedremo una prossima volta’”. “Mi chiese il numero di telefono, mi chiamò un taxi e mi diede una busta. La prima serata ad Arcore finì così. In macchina aprii la busta con quattro biglietti da cinquecento euro. Ero al settimo cielo, potevo mandare dei soldi a mia madre e stare tranquilla per un po’».
Il vestito di Gheddafi
Parlando di un’altra serata, Karima El Mahroug racconta anche di essersi esibita ballando la danza del ventre con «un vestito regalato al Presidente da Gheddafi». «Ballare con un vestito così prezioso mi inorgogliva, mi faceva sentire importante. Speciale», rivela El Mahroug nella biografia. La donna racconta poi di aver iniziato a un certo punto a frequentare le serate di Arcore «con una certa regolarità», così da poter «mandare dei soldi a mia madre, a mantenermi e a prendermi cura di me». Il momento migliore? Secondo El Mahroug, la colazione. «Lontano dagli schiamazzi, il Presidente raccontava la sua vita, discuteva di temi a me molto lontani, ne ero affascinata. Era un mondo così importante il suo e mi sembrava incredibile poterne in qualche modo, anche lontanamente, farne parte». La donna dice poi di essere stata sempre trattata «con molto garbo e, credo, con affetto sincero». Un dubbio però le è rimasto: «Quello che non sopportavo era il clima di avidità che si respirava e non mi sapevo spiegare. Rimane per me un mistero, anche adesso, come facesse lui a fidarsi di tutte quelle persone o a volerle solo intorno».
Foto di copertina: ANSA/MATTEO CORNER | Karima Al Mahrough al processo Ruby Ter all’aula bunker di piazza Filangieri, Milano (15 Febbraio 2023)
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