Il credo mafioso nei deliri di Messina Denaro: «Un onore essere incriminati per mafia: noi figli della Sicilia stanca di soprusi. Ci ringrazieranno»

Il “testo sacro” del boss di Cosa Nostra custodito gelosamente dalla sorella Rosalia

«Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto, lo ritengo un onore». Parola di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra catturato lo scorso 16 gennaio dopo una latitanza lunga 30 anni. Tra le decine di pizzini recuperati dai carabinieri dopo l’arresto di Rosalia, sorella del capomafia, ce n’è uno che riassume bene il pensiero spesso delirante di Messina Denaro. Una sorta di manifesto di Cosa Nostra, o un «testo sacro», che la sorella del boss custodiva gelosamente in casa. «Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie, trattati come se non fossimo della razza umana. Siamo diventati un’etnia da cancellare», scrive il boss di Cosa Nostra, che – tra le altre cose – è stato condannato per essere il mandante delle stragi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e altri omicidi mafiosi. «Eppure – continua il boss – siamo figli di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato, prima piemontese e poi romano, che non riconosciamo. Siamo siciliani e tali vogliamo restare».


«Un giorno tutto ci verrà riconosciuto»

Nel pizzino, Messina Denaro difende le organizzazioni criminali di cui per tanti anni ha tenuto le redini e punta il dito contro le istituzioni, accusate di aver «costruito una grande bugia per il popolo: noi il male, loro il bene». «Hanno affamato la nostra terra con questa bugia. Ogni volta che c’è un nuovo arresto – prosegue il boss – si allarga l’albo degli uomini e donne che soffrono per questa terra. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciar passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza», scrive Messina Denaro nello scritto sequestrato dai carabinieri nella casa della sorella a Castelvetrano. E ancora: «Un giorno, ne sono convinto, tutto ciò ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quello che ci hanno tolto in vita», scrive Messina Denaro. Tra i vari pizzini trovati a casa di Rosalia, il capomafia, attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, riflette anche sul significato della morte: «Un essere umano muore veramente quando viene dimenticato e io credo che non lo sarò mai. Le persone che ho amato, i miei affetti, non si dimenticheranno mai di me. Ho conosciuto tante persone coraggiose con le pecore e pecore con le persone coraggiose. Ho sempre disprezzato questo modo di vivere, che schifo», si legge nei pizzini del boss.


Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri | La foto di un pizzino rinvenuto nel corso delle indagini
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri | La foto di un pizzino rinvenuto nel corso delle indagini
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri | La foto di un pizzino rinvenuto nel corso delle indagini

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