Sul caso indaga la polizia newyorkese. Non c'è prova di un collegamento con la chiamata alla mobilitazione fatta dall'ex presidente per oggi
Due auto della polizia di New York, senza agenti a bordo, sono state date alle fiamme a Manhattan nella tarda serata di lunedì 20 marzo, da una persona che è attualmente ricercata dalle autorità. Il piromane si è avvicinato ai veicoli parcheggiati nel distretto di Flatiron, prima di dar loro fuoco nei pressi della 29th Street e la 6th Avenue, secondo quanto riferito dal New York Police Department. In precedenza, sempre secondo quanto riferito dalla polizia newyorkese, la persona ricercata avrebbe anche mandato a fuoco due bidoni della spazzatura nei pressi della Sixth Avenue. In entrambi i casi sono intervenuti i vigili del fuoco, che hanno spento gli incendi. Nessuna persona è rimasta ferita e non ci sono fermati. Secondo quanto riferito dalla polizia la persona sospettata di aver appiccato entrambi gli incendi sarebbe un uomo di carnagione chiara, di circa 20 anni, con i capelli biondi, che indossava uno zaino nero. Gli episodi (che potrebbero non essere collegati all’appuntamento politico) sono avvenuti a poche ore dalle possibili proteste invocate dall’ex presidente statunitense Donald Trump che oggi potrebbe essere formalmente incriminato e nei scorsi giorni ha invitato i suoi sostenitori a «riprendersi la nazione», annunciando che oggi martedì 21 marzo sarebbe stato arrestato in seguito all’attesa incriminazione.
Giorgia Meloni si appresta a partecipare al Consiglio europeo, i prossimi 23 e 24 marzo. Come da prassi, prima del consesso tra gli Stati membri, il capo dell’esecutivo riferisce alle Camere quale sarà la posizione del governo sui temi che saranno affrontati a Bruxelles. A cominciare dalla questione immigrazione: ed è da qui che Meloni parte nelle sue comunicazioni a Palazzo Madama. «Siamo di fronte a organizzazioni criminali che lucrano sulla pelle dei migranti», esordisce. Poi delinea in quattro punti l’azione che l’esecutivo vuole implementare, con il supporto degli altri Stati membri, per contrastare i flussi: fermare le partenze, collaborare con i Paesi d’origine, aumentare i rimpatri, sostenere gli ingressi regolari. «Un ruolo chiave – sottolinea Meloni -, dovrà averlo il rafforzamento della collaborazione con i Paesi d’origine e di transito dei migranti, con adeguate risorse finanziarie». La leader di Fratelli d’Italia vuole chiedere all’Unione europea di stanziare «fondi dedicati a fermare i flussi nel Mediterraneo centrale – e ricorda che – le frontiere marittime dell’Italia sono anche dell’Europa. L’Europa è chiamata a difenderle». Chiosa: «Prima di ogni ipotetico diritto a migrare, ogni essere umano ha diritto a non essere costretto a migrare in cerca di una vita migliore. Questo è l’aspetto che l’Occidente in questi anni ha colpevolmente trascurato».
«C’è solo un modo per fermare i movimenti secondari – nel continente -, ovvero fermare a monte i movimenti primari», continua Meloni. Che pretende anche un «coinvolgimento degli Stati di bandiera delle navi ong: gli Stati che finanziano le azioni delle organizzazioni non governative devono assumersi una responsabilità». È ora «di tradurre in fatti concreti quelle soluzioni che il Consiglio europeo ha trovato. Non vogliamo più piangere le vittime nel Mediterraneo, non vogliamo accettare che la selezione di ingresso in Italia la facciano gli scafisti e le mafie, non vogliamo che l’immigrazione di massa penalizzi innanzitutto chi scappa davvero dalla guerra». La presidente del Consiglio lancia anche un attacco ai partiti di opposizione: «State superando un limite, per attaccare il governo rischiate di danneggiare l’Italia». Spiega: «Anche nella più feroce dialettica politica c’è un limite che non dovrebbe essere oltrepassato». A quale limite si riferisce Meloni? «Per colpire un avversario, si mette in cattiva luce l’Italia intera. Un limite che, quando superato, vi porta a gettare ombre sulla Guardia costiera. Lo dico da persona che non ha mai fatto mancare la sua opposizione ferrata ai governi che ci hanno preceduto: criticate me, il governo, ma fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia».
Guerra in Ucraina
Come secondo punto del suo intervento, Meloni parla dell’aggressione russa in Ucraina. «È indispensabile l’unità dell’Unione europea di fronte alla guerra. Il popolo ucraino sta difendendo anche i valori di libertà e democrazia su cui si fonda la nostra civiltà e le finalità stesse del diritto internazionale, senza cui sostituiremmo la forza del diritto al diritto del più forte». Poi, quando la presidente del Consiglio definisce «una menzogna» il fatto che l’invio delle armi a Kiev aggravi il peso delle tasse sugli italiani, dai banchi della maggioranza parte un lungo applauso. «Una propaganda puerile – evidenzia -. Noi inviamo armi all’Ucraina anche per poter tenere la guerra lontana dal resto d’Europa e da casa nostra. Raccontare agli italiani che se non fornissimo armi all’Ucraina si potrebbero aumentare le pensioni o ridurre le tasse è una menzogna che intendo chiamare con il suo nome». Per Meloni, «le pressioni su Mosca sono fondamentali per assicurare il rispetto del diritto internazionale e, ancora di più, per creare le condizioni per un percorso negoziale per il raggiungimento di una pace giusta, condizioni che finora non sono maturate ma che ancora perseguiamo con tenacia ogni giorno».
Il capo dell’esecutivo ribadisce il proprio sostegno all’accordo sull’export di grano nel Mar Nero «che è appena stato rinnovato». Poi, difende la linea di incrementare la spesa militare: «Questo governo è abituato a difendere l’interesse nazionale. Non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare gli stanziamenti in spese militari, come hanno fatto i governi precedenti, magari di soppiatto, senza metterci la faccia. Noi la faccia ce la mettiamo convinti che rispettare gli impegni sia vitale per tutelare la sovranità nazionale. La libertà ha un prezzo: se non sei in grado di difenderti lo fanno altri ma lo faranno imponendo un prezzo». Meloni ribadisce che l’Italia contribuirà economicamente e non solo alla ricostruzione dell’Ucraina, ricordando anche il lavoro che si sta imbastendo per «la conferenza sulla ricostruzione che ospiteremo a Roma, il 26 aprile». E conclude così l’argomento Ucraino: «Ho visto molte polemiche sulle conseguenze che il conflitto dell’Ucraina può avere nella destabilizzazione del continente africano. Sono invece considerazioni su cui si deve avere attenzione e concentrazione».
Politiche ambientali e patto di stabilità
Infine, la presidente del Consiglio, arrivata quasi a 30 minuti di discorso, trova lo spazio per criticare le politiche ambientali perseguite dall’Unione europea: «Il percorso verso una economia verde deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico, per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni dell’anidride carbonica delle auto – e alle norme sull’efficientamento energetico degli immobili – perché così si traducono in una penalizzazione dei nostri cittadini e delle nostre imprese e rischiano di sottoporci ad altre dipendenze energetiche». Sulle regole fiscali, invece, sottolinea: «Entro il 2023 bisogna arrivare a nuove regole sul patto di stabilità, sulla base di principi realistici dopo la pandemia del Covid. Serve più equilibrio tra stabilità e crescita. In passato c’è stata molto più attenzione alla stabilità, ora abbiamo più bisogno di attenzione alla crescita. È la nostra priorità. Le nuove regole devono sostenere investimenti pubblici. Il tempo dell’austerità è finito». Anche perché, conclude Meloni, «una crescita economica stabile e duratura è l’unica vera garanzia di sostenibilità del debito pubblico».
La replica di Meloni agli interventi dei senatori
«Devo dare alcune risposte: confesso che sul tema dell’immigrazione continua a non essermi chiaro quale siano le proposte delle opposizioni. Abbiamo avviato al livello europeo un aspetto securitario ma soprattutto lanciato un diverso rapporto con i paesi dell’Africa. Riteniamo che la proposta più efficace sia garantire alle persone che vogliono scappare la possibilità di restare, portando investimenti, lavoro e occupazione». Esordisce così la presidente del Consiglio in sede di replica. «Non andrò mai in Europa a proporre il decreto flussi europei perché le Nazioni europee già ce l’hanno. Eravamo noi che non li avevamo, ora li riapriamo e li immaginiamo triennali». In quanto ad accoglienza, Meloni attacca l’Austria e difende i Paesi del gruppo Visegrad: «Dobbiamo aggiornare il manuale degli slogan. I Paesi di Visegrad stanno accogliendo milioni di profughi ucraini. Se qualcuno venisse alle riunioni del Consiglio europeo, saprebbe che è il governo austriaco che chiede muri, che è dei Verdi».
Sulla strage di Cutro, rispondendo alla senatrice del Partito democratico Tatjana Rojc, afferma: «La mia coscienza è completamente a posto, spero che sia a posto anche la coscienza di chi usa le morti di povera gente per fare propaganda. La collega Rojc cita Pasolini: “Tutti sappiamo ma non abbiano le prove”. Ma nello Stato di diritto sono le prove che fanno i colpevoli, quindi mi conferma che avete stabilito il colpevole senza avere le prove, non esistono prove che dicono che lo Stato poteva fare di più». Sulle politiche ambientali perseguite in Europa, Meloni incalza i 5 stelle, «ai quali bisogna spiegare che la direttiva sulle case green rischia di diventare una tassa patrimoniale per gli italiani». E sulla posizione europea per limitare i veicoli a motore termico: «La proposta di regolamento sulle emissioni di CO2 per i veicoli leggeri è inopportuna nella forma attuale perché rischia di consegnarci a nuove dipendenze. Abbiamo dimostrato, dati alla mano, che è possibile conseguire gli obiettivi della transizione verde impiegando tecnologie diverse rispetto all’elettrico, su cui l’Italia rappresenta un’avanguardia, come i carburanti sintetici, l’idrogeno».
«Perché, anziché sviluppare questi, vogliamo passare dalla dipendenza dal gas russo a quella dall’elettrico cinese? Stiamo cercando di difendere l’interesse nazionale. Sono materie pragmatiche e con pragmatismo le vogliamo affrontare». Sull’Ucraina è il partito di Giuseppe Conte a essere preso di mira da Meloni: «Siamo un membro della Nato e condividiamo la sua posizione sull’aggressione della Russia all’Ucraina. Sappiamo che in questa Aula ci sono partiti che auspicano un accordo con la Cina o una resa dell’Ucraina. Noi non siamo di questo avviso. Accolgo le preoccupazione emerse sui nostri arsenali militari: del resto anche il governo Conte aumentò spese militari». Poi, l’attacco diretto all’ex presidente del Consiglio: «Ho sentito dire che andrei in Europa a prendere ordini. Lo diranno i fatti. Non mi vedrete mai fare questo. Io preferisco dimettermi, piuttosto che presentarmi al cospetto di un mio omologo europeo con i toni con i quali Conte andò al cospetto di Angela Merkel, a dirle che nel M5s c’erano ragazzi che avevano paura di scendere nei consensi, ma alla fine avrebbero fatto quello che l’Europa chiedeva. Preferisco dimettermi che rappresentare una Nazione del genere».
Il Terzo polo vota alcuni punti della risoluzione della maggioranza
Carlo Calenda, nelle dichiarazioni di voto, prende parola per il gruppo Azione-Italia Viva. Il rassemblement terzopolista voterà alcuni punti della risoluzione della maggioranza di centrodestra: «Voteremo a favore delle parti della risoluzione di maggioranza concernenti la tutela del mercato unico, l’energia e la necessità di rimodulare la transizione ambientale per evitare la desertificazione industriale dell’Ue. Voteremo invece contro il punto sulla governance economica europea per la vostra assurda ostinazione a non ratificare il Mes e contro quello che mira a giustificare la vostra folle posizione sui balneari». Calenda è particolarmente duro con Meloni quando, nella sua dichiarazione, affronta il tema immigrazione: «Le persone in mare si salvano sempre. Mettere le ong in condizione di operare con meno efficacia è una decisione assurda e inumana. Così come sostenere che quanto accaduto a Cutro è frutto di una pura casualità e che tutto ha funzionato come doveva. Gentile Presidente, se 88 persone muoiono a 40 metri dalle nostre coste nulla ha funzionato come doveva. Ammetterlo è doveroso tanto quanto evitare di insinuare che il governo abbia deliberatamente fatto affogare uomini, donne e bambini».