Delega Fiscale/1 Basta con le riformine: cambiare insieme Irpef, Irap e Iva come vuole il governo Meloni è la strada da battere dopo 50 anni

Il disegno di legge delega ha l’ambizione di introdurre modifiche strutturali, nei prossimi 24 mesi vedremo se rispetterà le aspettative

Il disegno di legge delega per la riforma fiscale è un progetto positivo, che ha l’intrinseca ambizione di essere strutturale, abbracciando gli aspetti principali del nostro sistema tributario. Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri avvenuta lo scorso 16 marzo 2023 e con la firma del presidente della Repubblica, il primo passo verso un’organica revisione dell’impalcatura fiscale del nostro Paese è stato fatto. Ora il testo sarà trasmesso al Parlamento per il via libera definitivo e l’esecutivo avrà poi 24 mesi di tempo per emanare i decreti legislativi che condurranno a una complessiva riforma che non si vede dal 1970. Il disegno di legge persegue diversi obiettivi dichiaratamente ambiziosi, che vanno dalla riduzione della pressione fiscale, all’aumento del grado di «certezza» del diritto, alla diminuzione del contenzioso e alla configurazione di un sistema in grado di attrarre maggiormente gli investimenti esteri.


Nel processo di riforma fiscale, una delle imposte che sarà oggetto di profonda revisione è l’Irpef, attraverso una riscrittura di tutto l’impianto della tassazione delle persone fisiche. L’intento è quello di puntare a una graduale riduzione dell’imposta sui redditi personali che avverrà attraverso il riordino delle aliquote: in una prima fase scenderanno da quattro a tre, con la prospettiva della transizione verso l’aliquota impositiva unica (la cosiddetta flat tax). Il tutto dovrà ovviamente avvenire rispettando il principio costituzionale di progressività dell’imposizione ed è per questo che la riforma passerebbe attraverso il contestuale riordino delle deduzioni, delle detrazioni e dei crediti d’imposta, salvaguardo alcune principali finalità, quali la salute, l’istruzione, il miglioramento dell’efficienza energetica e la crescita dei figli. Oltre alla revisione delle cosiddette tax expenditures, si prevede l’ampliamento della no-tax area per i lavoratori dipendenti che sarà allineata a quella prevista per i pensionati.


La flat tax incrementale

Si intende, inoltre, stabilizzare la cosiddetta flat tax incrementale già introdotta dall’ultima legge di bilancio, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva agevolata sull’incremento del reddito del periodo d’imposta rispetto al reddito più elevato tra quelli relativi ai tre periodi precedenti. Con riferimento al reddito di lavoro autonomo, tra gli interventi più attesi c’è la riduzione delle ritenute d’acconto sui compensi per chi sostiene elevati costi per lavoratori dipendenti o collaboratori. In questi casi, l’attuale aliquota del 20% risulta penalizzante rispetto ai titolari di reddito d’impresa che possono percepire i loro proventi in misura piena. Inoltre, si intende sancire la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti. È interessante l’iniziativa prevista in materia di redditi finanziari, comparto che dovrebbe sperimentare la creazione di un’unica categoria reddituale comprensiva degli attuali redditi di capitale e redditi diversi, con tassazione in base al principio di cassa e possibilità di compensare plusvalenze e minusvalenze realizzate.

Bene poi che il legislatore intenda regolare, recependo la consolidata giurisprudenza, il regime tributario applicabile alle plusvalenze conseguite da collezionisti che compiono isolate operazioni di acquisto e rivendita di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione. Un intervento che andrebbe a definire la tassazione delle plusvalenze realizzate dal c.d. «mercante d’arte», escludendo dal prelievo le transazioni del collezionista «puro» e quelle derivanti da opere ricevute per successione o donazione, casi in cui manca un oggettivo intento speculativo.

La rimodulazione dell’Ires

Anche il mondo imprenditoriale sarà fortemente impattato dalla riforma che ha l’obiettivo di rimodulare il sistema dell’Ires. Si prevede, infatti, l’introduzione di una imposta sui redditi societari «a due velocità», con il mantenimento di una soglia di base (probabilmente più bassa dell’attuale aliquota del 24 per cento) che tuttavia può essere ridotta per le imprese che investono in beni innovativi o in occupazione e sostengono la crescita della propria attività senza distribuire gli utili. Qui l’intento è di abbinare il nuovo regime duale dell’imposta sul reddito societario a quello della nuova Global Minimum Tax che dall’1 gennaio 2024 dovrebbe entrare in vigore per tutte le multinazionali con un prelievo del 15 per cento. Senza scendere troppo in dettaglio, si registra anche la volontà di semplificare il calcolo del carico fiscale a livello societario, con un progressivo riavvicinamento dei valori fiscali a quelli contabili e un nuovo regime di deducibilità degli interessi passivi e di riporto e compensazione delle perdite. Di particolare interesse, ma tutta da definire, la prospettata razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni con particolare riferimento alle holding, disciplina le cui modifiche avranno riflessi sulle operazioni di M&A e di passaggio generazionale dell’impresa.

Quanto all’Irap, si va verso l’accoglimento delle richieste che da anni arrivano dalle categorie produttive con il taglio progressivo della problematica imposta: la riforma pone come obiettivo la revisione organica del tributo regionale volta alla sua abrogazione e alla contestuale istituzione di una sovraimposta Ires che consenta di assicurare un equivalente gettito fiscale.

Le modifiche al sistema dell’Iva

La delega teorizza anche importanti modifiche al sistema dell’Iva, tese essenzialmente a rendere l’imposta più aderente alla normativa unionale. Non è inusuale, infatti, riscontrare nelle norme domestiche previsioni non armonizzate con i criteri disposti dalla Ue, come avviene ad esempio nelle cessioni di beni, in relazione alla definizione del presupposto territoriale o del presupposto oggettivo, dove la norma comunitaria valorizza l’aspetto economico sostanziale rispetto a quello giuridico proprio dell’ordinamento interno.

Saranno anche toccati rilevantissimi principi in materia di fiscalità internazionale, come la disciplina che regola la residenza fiscale delle persone fisiche e degli enti (societari e non). Lo scopo è rendere l’attuale impianto normativo maggiormente coerente con la prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarlo con la disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia e che rappresentano una felice intuizione. Per gli individui, si auspica in questo contesto il definitivo superamento del criterio formalistico dell’iscrizione anagrafica.

Sulla «certezza del diritto»

Tra i punti cardine del percorso avviato, che nelle intenzioni del governo porterà alla complessiva codificazione della materia tributaria, troviamo anche una spinta verso la certezza del diritto. La riforma intende potenziare l’efficacia dello Statuto del contribuente, prevedendo ad esempio il rafforzamento da parte dell’ente impositore dell’obbligo di motivazione, con l’indicazione specifica delle prove su cui si fonda la pretesa e il diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, funzionale al corretto dispiegarsi del diritto al contraddittorio. È proprio così, difficile da credersi, ma allo stato si tratta di principi che sovente rimangono solo sulla carta, in particolare nei casi in cui la normativa fiscale prevede meccanismi che, di fatto, invertono l’onere della prova.

In questa prospettiva si colloca, per i soggetti di minore dimensione, la volontà di introdurre un concordato preventivo biennale attraverso cui fisco e contribuente si impegnano a definire ex ante, su base biennale, la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi nel solco del già esistente regime di adempimento collaborativo previsto per i soggetti di più rilevanti dimensioni. Un altro passaggio fondamentale sarà l’auspicata riforma del sistema sanzionatorio, che si spera possa portare al definitivo accoglimento del principio del ne bis in idem e al superamento dell’attuale “doppio binario” amministrativo-tributario e penale.

Sulla scia dell’evoluzione in corso a livello internazionale, la delega apre formalmente all’utilizzo delle tecnologie digitali, supportate dall’intelligenza artificiale, come strumento per prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale. Il tutto, ci si augura, senza compromettere l’ulteriore sacrosanta finalità di tutela del diritto alla privacy.

Cosa manca?

Ci sono però anche dei grandi assenti, come la riforma del catasto e delle imposte patrimoniali, già esistenti in maniera frammentata nel nostro ordinamento, su cui pure non bisognerebbe perdere l’occasione per una riflessione seria e organica. Negli anni la materia fiscale è stata spesso oggetto di tortuose miniriforme dettate dalle più disparate esigenze politiche del momento e spesso scevre di visione sistematica. I prossimi 24 mesi ci diranno se questa delega fiscale si collocherà concretamente su quello che, dalle prime battute, appare già un binario diverso e più virtuoso, nell’interesse del nostro Paese.

Avvocato, DLA Piper

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