La storia di Alfonso Rosito, il chirurgo con paralisi alle gambe che opera grazie a una sedia verticalizzante elettronica – Il video

Com’è cambiata la vita dell’ortopedico dopo la diagnosi di leucemia mieloide acuta e la crisi di rigetto

Alfonso Rosito, chirurgo ortopedico, si vede cambiare all’improvviso la vita dopo che gli viene diagnosticata una leucemia mieloide acuta che gli fa perdere l’uso totale delle gambe. La tragica notizia gli arriva nel 2017 e nei due anni successivi si trova ad affrontare due trapianti di midollo osseo all’Ospedale San Martino di Genova. Ed è durante il secondo che subisce una GVHD, ovvero una reazione immunitaria che prende il sistema nervoso centrale e provoca una paresi spastica alle gambe. In un’intervista al Corriere della Sera, a firma di Désirée Klain, racconta di quanto l’azienda per cui lavorava gli disse che non era più idoneo a svolgere la sua professione medica. Ma dopo un anno riuscì a vincere un concorso come dirigente medico ortopedico all’Ospedale Civile di Caserta. E qui cambiò tutto. L’ambiente era diverso. Venne accolto con piacere e tornò a operare, grazie a una sedia elettronica che tuttora gli permette di alzarsi in piedi. «Quello è stato il Ritorno al Futuro. Il lavoratore disabile incontra sempre delle difficoltà, ma nonostante la malattia si può trovare uno spiraglio. L’imperativo è non arrendersi mai», racconta Rosito.


Le difficoltà che restano: «Alcuni non si fanno più curare da me»

Alla domanda su come funzioni la macchina verticalizzante risponde: «Io posso utilizzare liberamente i due terzi del mio corpo, con i gomiti e l’avambraccio riesco a posizionarmi nella maniera migliore, attraverso una serie di regolazioni e inclinazioni». Ma precisa di essersi esercitato molto prima di tornare a operare, nell’interesse dei pazienti. Le difficoltà, però, non sono finite. Ogni giorno, fuori dal posto di lavoro, il medico deve affrontare tutta una serie infinita di barriere architettoniche che la città gli pone. «Impossibile girare, per esempio, con la sedia a rotelle nel centro storico, oppure entrare semplicemente in un negozio o in un bar. Per non parlare dei posti auto per parcheggiare destinati ai disabili, eternamente occupati abusivamente», spiega. «Comunque, in definitiva, il disabile spesso deve affrontare mille difficoltà per integrarsi nel contesto sociale. Non c’è una predisposizione ad accettare la diversità. Personalmente, per esempio, da quando sto sulla carrozzina qualche paziente ha perfino deciso di non farsi più curare da me».


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