Medico arrestato a Bologna, indagato per la morte della moglie e della suocera. Il gip: «Movente economico e sentimentale, voleva stare con l’amante»

L’uomo è stato arrestato a un anno e mezzo dalla morte di Isabella Linsalata e Giulia Tateo, decedute a 22 giorni di distanza

Avrebbe avvelenato la moglie, forse sciogliendo i farmaci nelle tisane, perché voleva stare con l’amante e si sentiva intrappolato nel rapporto coniugale. Sarebbe questo, secondo il gip Claudio Paris, una parte del movente che avrebbe spinto Giampaolo Amato, medico bolognese di 64 anni arrestato ieri 11 aprile, a uccidere la moglie Isabella Linsalata, «senza tuttavia potersi neppure escludere l’incidenza di spinte di tipo economico», scrive Paris nell’ordinanza di custodia in carcere. La donna, 62 anni, è morta nell’ottobre del 2021 e solo una seconda autopsia sul corpo è stata in grado di rivelare la presenza nel corpo di benzodiazepina e un anestetico d’uso ospedaliero. Il medico risulta indagato anche per la morte della suocera, Giulia Tateo, morta 22 giorni prima della figlia Isabella. Le analisi preliminari, «necessitanti di ulteriori indagini di conferma», hanno dato la positività a «midazolam ed al suo metabolita», ed è emerso anche il sospetto della presenza di sevoflurano nel prelievo di polmone.


I problemi economici

«L’inconfessabile desiderio» di lasciare la moglie per un’altra «lo ha spinto a cagionarne volontariamente la morte», scrive il gip. Amato sarebbe stato diviso tra la volontà di coltivare liberamente la sua nuova relazione con una donna più giovane e non voler far soffrire i suoi familiari. «Pressioni, frustrazioni ed umiliazioni» mettono Amato all’angolo, e lo portano a vedere la moglie come unico ostacolo per tornare a essere felice. Ma il medico non può lasciarla, perché altrimenti la colpa della fine del matrimonio sarebbe la sua, e quindi si convince – sempre secondo la ricostruzione del gip che accoglie le richiese della Procura – che il rapporto deve cessare per cause di forza maggiore. «È senz’altro questo inconfessabile desiderio che può averlo spinto già nel 2019 ad attentarne alla vita», scrive il giudice, «come pure è senz’altro questo inconfessabile desiderio che lo ha spinto a cagionarne volontariamente la morte nel 2021». Ma ci sarebbe anche un aspetto economico, da aggiungersi a quello sentimentale. Il medico inizia ad avere problemi economici anche per sostenere la sua relazione extraconiugale. Il divorzio potrebbe solo peggiorare la sua condizione, e quindi non è una strada praticabile. «L’eventualità di rimanere vedovo scrive ancora il gip – oltre a regalargli la possibilità di vivere finalmente la propria storia d’amore gli offrirebbe altresì una lusinghiera successione».


La bottiglia di vino del 2019

Nell’ordinanza firmata dal gip emergono anche i dettagli di quello che si ritiene essere un primo tentativo di avvelenamento, già nel 2019. Sono state eseguiti degli esami su una bottiglia di vino bevuta da Linsalata nel maggio di quell’anno, conservata dalla sorella della vittima e nella quale sono state trovate delle tracce di Midazolam, la stessa sostanza rilevata nell’autopsia. «Sembrava che fosse un po’ ubriaca e rimbambita», ha riferito la sorella di Isabella ricordando l’episodio del 19 maggio 2019. La donna aveva poi recuperato la bottiglia, che era stata lavata e si trovava nel bidone del vetro, per farla analizzare ma non aveva trovato nessun laboratorio disponibile. Isabella aveva raccontato che il vino bevuto quella sera le era risultato molto amaro, come le tisane che le preparava il marito. Il gip sottolinea che è solo grazie alla caparbietà di tre donne, la sorella e le amiche di Isabella, che si può far luce sulla sua morte. «Grazie alla lungimiranza, al senso di protezione (prima) ed all’ostinata ricerca della verità (poi) serbati in particolare da queste tre donne, che non l’hanno mai abbandonata, che si dispone oggi di accertamenti di tipo tecnico formatisi ben prima del suo decesso», scrive Paris.

I timori per l’altra donna

Nel motivare l’esigenza della custodia in carcere, il gip evidenzia che esistono rischi concreti per la vita anche della donna con cui Amato aveva una relazione extraconiugale – conclusasi dopo esser stata sentita come testimone in relazione all’indagine per omicidio. «Tanto più», aggiunge il giudice, «ove la stessa dovesse decidere davvero di rifarsi una vita», scrive Paris. A far emergere questa possibilità è il fatto che già dopo il tentativo del 2019 Amato – secondo l’accusa – avrebbe continuato «nel suo proposito omicidiario, nonostante […] la previsione dunque di poter esser smascherato guadagnandosi un ergastolo».

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