Def, dalla revisione del Superbonus alla spending review nei ministeri. E con l’aumento di immigrati il debito cala: «Impatto rilevante»

Nelle introduzioni al Documento, approvato lo scorso 11 aprile, Giorgetti elenca una serie di stime e interventi per risollevare il bilancio italiano

Nuovi indebitamenti in arrivo, 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi nel 2024. Ma anche flebili segnali di ripresa del Pil, il tasso di disoccupazione in leggero ma costante calo e un generale ottimismo sull’economia italiana, che «continua a mostrare notevole resilienza e vitalità». Sono le parole contenute nell’introduzione di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, che accompagna la presentazione del Def al Parlamento. Le Camere dovranno autorizzare il ricorso all’indebitamento, sul quale è stata consultata la Commissione europea, secondo la procedura prevista dall’articolo 6 della legge 243 del 2012: «Le risorse che si rendono disponibili – si legge – saranno utilizzate con un provvedimento normativo di prossima adozione per sostenere il reddito disponibile e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti nel 2023 e saranno destinate nel 2024 a interventi di riduzione della pressione fiscale». Ovvero, il taglio del cuneo fiscale e un taglio sulle tasse. Dal 2025, l’autorizzazione all’indebitamento sarà destinata alla sola spesa per interessi passivi. La fiducia del titolare di via XX settembre traspare nel ritratto che fa del tessuto economico italiano, «malgrado una situazione così incerta». Specifica che il Documento di economia e finanza ha visto la luce «in un quadro economico che resta incerto e non privo di rischi. Negli ultimi tempi, la morsa della pandemia e del caro energia si è allentata, ma la guerra in Ucraina non conosce tregua, le tensioni geopolitiche restano elevate e il rialzo dei tassi di interesse e il drenaggio di liquidità operato dalle banche centrali hanno fatto affiorare sacche di crisi nel sistema bancario internazionale».


In ripresa occupazione e Pil, «ma serve prudenza»

Nonostante questo e il rallentamento della crescita congiunturale del Pil italiano, «con una lieve contrazione nel quarto trimestre» dello scorso anno, «i più recenti indicatori suggeriscono che già nei primi tre mesi del 2023 sia ripartita la crescita economica», scrive Giorgetti. E ricorda che nel 2022 il Pil è aumentato del 3,7% e gli investimenti fissi lordi del 9,4% in termini reali, passando al 21,8% del Pil: «Un livello che non si registrava da oltre venti anni. Le indagini presso le imprese, inoltre, segnalano un miglioramento delle attese su ordinativi e produzione e un incremento degli investimenti rispetto allo scorso anno». A questi dati, nella relazione che affianca il Def viene stimata una buona performance del mercato del lavoro, nel quadriennio 2023-2026. Proseguirà, si rileva, la crescita dell’occupazione, portando il numero di occupati a fine periodo a 23,9 milioni, dai 23,1 milioni del 2022. A ciò si accompagnerà una più contenuta espansione dell’offerta di lavoro. «Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall’8,1% nella media del 2022 al 7,7% nell’anno in corso, per poi attestarsi al 7,2% a fine periodo. La dinamica prevista dell’occupazione in termini di input è più contenuta di quella del Pil. Si profila, pertanto, un moderato aumento della produttività nel triennio 2024-2026, lo 0,4% annuo in media». Nonostante la ripresa del Pil nel primo trimestre del 2023, il ministro leghista ci tiene a specificare che le previsioni di crescita inserite nel Def sono «di natura estremamente prudenziale, essendo finalizzate all’elaborazione di proiezioni di bilancio ispirate a cautela e affidabilità».


Il Pnrr, da solo, non è sufficiente

Tuttavia, «è del tutto realistico puntare per i prossimi anni a un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione che vada ben oltre le previsioni del Documento, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale e dello sviluppo delle infrastrutture per la trasmissione dell’energia pulita e la mobilità sostenibile». Su questi presupposti si innesta l’attuazione del Piano nazionale di riprese e resilienza. Nell’introduzione di Giorgetti, viene ribadito che il governo è al lavoro per ottenere la terza tranche di finanziamenti entro il mese di aprile. Contestualmente, viene esplicitato l’impegno dell’esecutivo per rivedere o rimodulare alcuni progetti del Pnrr, per poterne poi accelerare l’attuazione. «L’avvio del Pnrr ha risentito della complessità e dell’innovatività di alcuni progetti, dei rincari e della scarsità di componenti e materiali, nonché di lentezze burocratiche. Tuttavia, nuovi interventi sono stati recentemente attuati per riorganizzare la gestione del Pnrr e adeguare le procedure sulla base dei primi elementi emersi in sede di attuazione», spiega il ministro. Che aggiunge: «Una volta perfezionata la revisione di alcune linee progettuali, vi sono tutte le condizioni per accelerare l’attuazione di riforme e investimenti che produrranno non solo favorevoli impatti socioeconomici, ma innalzeranno anche il potenziale di crescita dell’economia, unitamente all’espletamento degli effetti della riforma del Codice degli appalti e ad altre riforme in programma, quali quella del fisco e della finanza per la crescita».

Taglio del cuneo fiscale per ammortizzare «le fiammate inflazionistiche»

Il Def, dunque, sottolinea l’importanza di iniziative già avviate dal governo, quali il nuovo Codice degli appalti e la riforma fiscale allo studio. Anche perché, il titolare dell’Economia, evidenza che il «Pnrr non basta per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo. È necessario, infatti, investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano tale da consentire la creazione di condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa». A proposito di «fiammate inflazionistiche», anche per evitare che diventino strutturali, il governo punta a un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Il taglio del cuneo avrebbe il «duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e al contempo limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe la vampata inflazionistica causata dai prezzi energetici e alimentari più sostenuta nel tempo, trasformandola in strutturale». Nel Def è evidenziata la riduzione dei redditi reali nel corso dello scorso anno, «laddove risulta un aumento dei redditi disponibili nominali di 6,3% da confrontarsi ad un tasso medio d’inflazione dell’8,7% secondo l’indice Ipca. Le famiglie hanno compensato questa riduzione erodendo in parte i risparmi precedentemente accumulati. Nel corso dell’anno la propensione al risparmio si è progressivamente ridotta, collocandosi nell’ultimo quarto d’anno al 5,3%, un valore inferiore rispetto alla media del decennio 2010-2019», pari all’8,2%.

La stretta sui bonus edilizi e la spending review per la Pa

Tra i principali obiettivi del governo Meloni, annunciati in più occasioni, quello di chiudere i rubinetti dei vari bonus edilizi che si sono accumulati negli scorsi anni. Giorgetti lo ribadisce nella sua introduzione al Def: «Il primo obiettivo è superare gradualmente alcune delle misure straordinarie attuate negli ultimi tre anni e individuare nuovi interventi sia per il sostegno ai soggetti più vulnerabili che per il rilancio dell’economia». A tal fine, soffermandosi in particolare sui bonus edilizi, sostiene che «la normalizzazione della politica di bilancio» non può prescindere dalla revisione degli incentivi come Superbonus e bonus facciate, che hanno avuto un tiraggio «nettamente superiore alle stime». Per questo il governo intende «rivedere l’intera materia degli incentivi edilizi», combinando l’efficientamento con la sostenibilità della finanza pubblica e l’equità distributiva. I crediti fiscali accumulati per gli ecobonus, secondo Giorgetti, avranno un impatto sul rapporto debito/Pil fino al 2026. Tra gli altri interventi inclusi nel Def, è in arrivo un nuovo ciclo di spending review che si abbatterà sui ministeri, «con risparmi di spesa in termini di indebitamento netto pari a 300 milioni nel 2024, 500 milioni nel 2025 e 700 milioni dal 2026». Riduzioni che si aggiungono a quanto già previsto con la precedente legge di bilancio, «portando la riduzione complessiva a 1,5 miliardi nel 2024, 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi a partire dal 2026». La ripartizione tra i ministeri sarà stabilita con Dpcm, entro il 31 maggio. Obiettivo cardine del governo, «ridurre gradualmente, ma in misura sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della Pa in rapporto al Pil». Confermati gli obiettivi di indebitamento dichiarati a novembre nel Documento programmatico di bilancio, ovvero 4,5% quest’anno, 3,7% nel 2024 e 3,0% nel 2025, il target per il 2026 viene fissato al 2,5%.

Il debito cala grazie all’«impatto rilevante» degli immigrati: fino a 30 punti al 2070

Quasi un punto in meno di debito per un punto percentuale di immigrati in più. Sorprende che a evidenziarlo sia un governo che sui flussi migratori ha mostrato un atteggiamento di chiusura. L’aumento o la diminuzione dei migranti in Italia, si legge nel Def, ha un «impatto rilevante» sul debito. Negli scenari inclusi nel Documenti che tengono conto delle variabili demografiche, uno in particolare stima un calo del debito al 2070 di «oltre 30» punti con un aumento della popolazione immigrata del +33%. «Data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro». Le altre variabili considerate sono la speranza di vita, che aumenta e non modifica «di molto» le previsioni, e la «fertilità», che cala e fa aumentare il debito. In conclusione, i disegni di legge collegati alla prossima manovra di bilancio saranno 21. L’elenco viene illustrato nel Def. Tra questi, «interventi in materia di disciplina pensionistica», ma anche misure già all’esame del Parlamento, come la delega fiscale e quella sul riordino degli incentivi alle imprese o il ddl sull’autonomia differenziata. Previsti poi «provvedimenti a sostegno delle politiche per il lavoro, interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà, misure per la valorizzazione del made in Italy e per la tutela delle produzioni agricole nazionali». Ecco l’elenco dei 21 collegati:

  • Interventi a sostegno della competitività dei capitali.
  • Delega al governo per la riforma fiscale.
  • Misure organiche per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Made in Italy.
  • Delega al governo per la realizzazione di un sistema organico degli incentivi alle imprese.
  • Misure in materia di semplificazione normativa.
  • Revisione del Testo Unico degli Enti locali.
  • Semplificazioni in materia scolastica.
  • Disciplina della professione di guida turistica.
  • Sviluppo e competitività del settore turistico.
  • Interventi in materia di disciplina pensionistica.
  • Misure a sostegno delle politiche per il lavoro.
  • Interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà.
  • Misure per il sostegno, la promozione e la tutela delle produzioni agricole nazionali e delle relative filiere agroalimentari e del patrimonio forestale.
  • Misure per la realizzazione delle infrastrutture di preminente interesse nazionale e di altri interventi strategici in materia di lavori pubblici nonché per il potenziamento del trasporto e della logistica.
  • Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  • Misure di sostegno alla filiera dell’editoria libraria.
  • Codice in materia di disabilità.
  • Rafforzamento del sistema della formazione superiore e della ricerca.
  • Revisione delle circoscrizioni giudiziarie, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie.
  • Rimodulazione delle piante organiche del personale amministrativo degli uffici giudiziari e ridefinizione dei profili professionali, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie.
  • Interventi di rifunzionalizzazione degli istituti di prevenzione e pena.

Leggi anche: