L’italianista Anselmi sull’incontro con Chiara Ferragni: «Siete degli snob: è cultura come la intendeva Umberto Eco»

Il professore vede nell’influencer «un’interessante forma di nuova narrativa e questa sua capacità di fare con i social anche cultura spesso non le viene riconosciuta»

«Lì, avrebbero dovuto esserci altri docenti, non solo io». Così l’italianista Gian Mario Anselmi commenta lo stupore con cui è stata accolta la sua presenza al Meet & Greet di Chiara Ferragni alla profumeria Douglas di Bologna, lunedì sera. Il professore ha elogiato l’influencer e il modo in cui usa i social network per narrare la sua vita. «Non capisco chi fa lo snob» ha aggiunto dopo una foto in cui lo si vede sorridente aassieme all’imprenditrice. Ora Anselmi, sorpreso dallo sbalordimento generale ritorna sull’incontro e sulla sua copertura mediatica. «Sono io ad essere stupito dello stupore di chi mi ha visto con Chiara Ferragni», dice al Corriere della Sera. E aggiunge, usando gli stessi termini di ieri: «Non capisco questo snobismo verso la cultura pop. Apprezzo da sempre Chiara e il suo lavoro sui social». «Nella Ferragni vedo questa interessante forma di nuova narrativa e questa sua capacità di fare con i social anche cultura spesso non le viene riconosciuta», continua.


«Gli insegnanti devono partire dal mondo dei ragazzi, non da Dante»

«Ho vinto il concorso e potevo non andare o lasciare il posto a qualcuno facendo lo snob», racconta candidamente. «Invece – continua invitando all’apertura mentale – siccome sono un ammiratore di Chiara Ferragni, al di là della bellezza ovvio, per come è diventata una grande imprenditrice e per come sa utilizzare genialmente Instagram in Italia, ci sono andato molto volentieri. La seguo con tanto interesse da anni, quindi perché no?». Al professore viene fatto notare che ha condiviso l’attesa con centinaia di ragazzini e ragazzine fan sfegatati di Chiara Ferragni. «Ho trovato una varia umanità genuina, interessante e spontanea. Non sono affatto delle teste non pensanti, pensarlo è un pregiudizio da intellettuali snob», risponde lui, per poi sferrare un colpo critico all’ambiente accademico: «Il mondo universitario prende sotto gamba, usiamo questo eufemismo, questi fenomeni. Noi abbiamo il dovere come insegnanti di capirli, se no come cominciamo a dialogare con questi ragazzi? Poi arriveranno anche Dante e Machiavelli, ma intanto partiamo dal loro mondo».


«Chiara Ferragni fonde la cultura pop quella accademica»

Sebbene tanti fossero lì solo per poter avere il piacere di vedere Ferragni dal vivo, Anselmi fa notare che «tanti erano lì perché avrebbero voluto comunicare a Chiara i loro progetti di moda, di stilismo, le loro idee. Non era solo il divismo per il divismo, era anche interesse a parlare con lei seriamente. Persone pensanti». In questo fattore il docente vede un esempio lampante della dottrina di Umberto Eco. Il grande semiologo «ci ha spiegato che non c’è la cultura alta e la cultura bassa, c’è un mescolamento di cultura popolare e cultura d’élite e le due cose dovrebbero convivere». Un altro modo in cui l’influencer milanese coniuga i due aspetti? «Per i musei e alcuni monumenti ha fatto delle stories che hanno avuto grandi esiti, ha valorizzato che certi giovani neppure conoscevano come gli Uffizi», illustra Anselmi.

«Bisogna osservare il mondo per capirlo»

Insomma, Chiara Ferragni ha una capacità di raccontare che andrebbe studiata, sostiene l’italianista: «Da prof di letteratura dico che è una grande narratrice. Io devo capire quali sono le nuove frontiere narrative, il che non significa che lei è un nuovo Balzac, ma che sta usando con intelligenza un nuovo strumento che può consentire di fare nuove forme di narrazione». Un esempio? «I messaggi che ha lanciato da Sanremo, molte ragazze, donne anche radicali, li hanno apprezzati: la difesa del corpo della donna e della difesa dei diritti non sono campagne semplici, sono vere». Infine, il professore critica di nuovo chi vorrebbe separare la cultura in senso stretto da quella popolare. «È singolare che mi abbiano visto lì come se avessero visto un marziano. Certo, ero atipico in quel contesto, ma ero mosso dalla curiosità. I latini usavano la parola “curiositas” che è diversa dalla semplice “curiosità”, ma significa “voglia di capire a fondo le cose che ci sono intorno”: non un ritrarsene, ma capirle. Se sto nel mio studio a leggere e scrivere i libri non è che la realtà la capisco attraverso quello, ogni tanto devo anche entrarci dentro in questo mondo, specialmente un anziano come me, il pericolo è isolarsi da tutto».

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