Addio al partigiano Ico, il comandante ebreo che liberò Aosta tre giorni dopo il 25 aprile

Si è spento a Torino all’età di 97 anni Enrico Loewenthal. La sua fortuna fu quella di conoscere il tedesco, la sua dote rivelatasi vincente quella di non essere un combattente spietato

Se ne è andato a 97 anni di età il partigiano ebreo Ico, il comandante di brigata che liberò Aosta tre giorni dopo il 25 aprile 1945. Si chiamava Enrico Loewenthal, era nato a Torino dove aveva frequentato la scuola tedesca e poi il liceo Massimo D’Azeglio, fino a quando gli fui consentito. Con le leggi razziali del 1938 dovette lasciare la città iniziando la vita da partigiano sulle montagne di Piemonte e Valle d’Aosta. Qui divenne comandante della brigata che controllava la Valle del Gran San Bernardo. La sua fortuna fu quella di conoscere il tedesco, cosa che gli permise di cavarsela in più di un’occasione. La sua dote anche quella di non essere un combattente spietato. In un’azione nel 1945 aveva catturato due ufficiali tedeschi, ma dopo averli tenuti prigionieri per qualche settimana decise di accompagnarli al confine con la Svizzera lasciandoli andare. Chiese un solo favore in cambio: che uno dei due scrivesse in dialetto bavarese quel che era appena accaduto. Fu battuto a macchina e divenne un lasciapassare quando incappò nei tedeschi.


La settimana prima della Liberazione di Italia il partigiano Ico incontrò una colonna di militari tedeschi, armati e con i cingolati. Temeva potessero prendere alle spalle i partigiani della sua brigata che erano poco avanti. Così tentò il tutto per tutto: sbucò fuori dal bosco urlando in tedesco «fermatevi subito». Si fece avanti e spiegò al capo della colonna che tutto intorno c’erano solo partigiani, e che rischiavano la carneficina. Quelli sulle prime dissero: «Arrenditi, tu e avrai risparmiata la vita». Ico rispose: «No, arrendetevi voi per avere salva la vostra vita», e allungò al comandante della colonna quel suo “salvacondotto” che spiegava pure come chi si arrendeva non sarebbe stato fucilato. Si arresero così i tedeschi, lasciarono lì armi e automezzi, ma poterono incamminarsi vivi verso il confine svizzero a pochi km.


Con quelle armi e quegli automezzi Ico sabato 28 aprile arrivò alle porte di Aosta con i pochi uomini che gli erano rimasti. Li lasciò alle porte della città e lui solo in piedi con il mitra su un’auto della Wehrmacht raggiunse la piazza del Municipio di Aosta (oggi piazza Émile Chanoux) trovando un’amara sorpresa. C’erano centinaia di fascisti armati ad attenderlo. Come ha raccontato qualche anno fa Ico a Luca Casati nel video di MG produzioni di cui trovate sopra qualche brano, la paura fu tanta. Ma gli venne un’idea: alzare la mano salutando la folla tornando indietro. E non accadde nulla: i fascisti non spararono perché capirono da quell’auto appena arrivata che gli ultimi tedeschi si erano ormai arresi, e scapparono verso Saint Vincent dove avrebbero deposto le armi. Ico e i suoi uomini poterono tornare in piazza accolti da una folla festante: il 28 aprile anche Aosta era tornata libera.

Il partigiano Ico anni dopo avrebbe scritto tutta la sua storia divenuta un libro – Mani in alto, bitte! – curato dalla figlia Elena Loewenthal, scrittrice e traduttrice, che oggi collabora a La Stampa ed è direttrice del Circolo dei lettori di Torino. Ico dopo la guerra sarebbe diventato anche un industriale di una certa importanza, fondando e presiedendo fino a Giaveno la Elto, azienda che produce saldatori, partita con 2 dipendenti e arrivata ad averne più di cento. Poi si è ritirato fra Rivoli torinese e la sua amata Pantelleria dove produceva olio per hobby.

Enrico Loewenthal, il partigiano Ico, era mio zio.

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