La Ue chiede all’Italia di indebitarsi di più (Pnrr e Mes) ma con il patto di stabilità la punisce se si indebita

Ecco perché i tre dossier di politica economica su cui è al lavoro la Commissione europea rischiano di penalizzare il nostro Paese

C’è qualcosa di poco comprensibile nei dossier di politica economica su cui sta lavorando la Commissione europea. La sola cosa di una certa chiarezza è che tutti quei dossier, indipendentemente dalle decisioni che si prenderanno, rischiano di essere assai punitivi per l’Italia di Giorgia Meloni e del suo governo. Ecco perché. I dossier che riguardano l’Italia sul tavolo europeo sono al momento soprattutto tre: Mes, Pnrr e patto di stabilità. All’Italia si chiede sulla carta di ratificare il nuovo meccanismo di stabilità europeo come hanno fatto altri paesi. Sulla carta, opporsi alla ratifica come sembra fare il governo Meloni può sembrare irrazionale: il parlamento può ben ratificare il meccanismo, e poi il governo è libero di non chiedere mai quei fondi. Più o meno come è accaduto in passato con il vecchio meccanismo che era sì ratificato dai parlamenti ma che poi non è stato utilizzato da quasi nessun Paese. Sulla carta però. Perché è l’incrocio fra quei tre dossier a rendere la strada tutta in salita anche sul Mes.


Perché Meloni si oppone al Mes

Semplificando i temi, in sostanza la commissione europea spinge l’Italia a indebitarsi il più possibile, attingendo ai fondi del Pnrr anche quando il tasso del prestito potrebbe sembrare troppo rischioso (oggi il riferimento anche per le emissioni europee che finanziano i prestiti è alle decisioni che man mano prende Christine Lagarde). E si eccepisce quando l’Italia balbetta: dato che prendere quei prestiti è molto più caro di un anno fa e che alcune opere so già che non verrebbero realizzate in tempo utile, vorrei cambiare il programma. La Ue non lascia cambiare. E i mercati ti puniscono perché cambiare viene preso come segno di debolezza e confusione. Quindi anche loro irrazionalmente spingono l’Italia a indebitarsi di più anche quando si sa già che quei soldi verrebbero in sostanza buttati via. Non ci vuole un grande analista per capire come lo stesso schema si riproporrebbe con il Mes, una volta ratificato. Ci sarebbe la pistola puntata della Ue e dei mercati per spingere l’Italia a chiedere quei prestiti a tasso un po’ più agevolato dei Btp.


Il patto di stabilità

Tutto questo filerebbe anche logicamente se sul tavolo non ci fosse il terzo dossier, quello che riattiva il patto di stabilità con linee di austerity meno marcate di un tempo, ma comunque esistenti. Se la bozza che è circolata in questi giorni entrasse in vigore dal 2024 o se addirittura quel testo fosse modificato in senso più rigoroso su spinta di Germania e Olanda, dal prossimo anno l’Italia sarebbe costretta a manovre pesanti per rientrare dal deficit eccessivo (su cui in questo momento sta pesando molto la spesa per interessi) e dal debito eccessivo. Qui il problema lo capirebbe anche un bambino, ma sembra non essere così chiaro alla Ue e ai mercati: come puoi spingermi con la mano destra ad indebitarmi di più e con la sinistra punirmi invece perché sono troppo indebitato? È evidente che una scelta deve escludere l’altra. Se la spinta dopo la pandemia è fare il cosiddetto “debito buono” per investimenti che nel medio e lungo termine portino i paesi più fragili a strutturarsi e crescere stabilmente, il nuovo patto di stabilità può entrare in vigore solo quando quel programma sarà concluso. Se invece l’esigenza è quella di tornare ad equilibri di bilancio, allora non ha senso spingere paesi fragili come l’Italia a indebitarsi ulteriormente a qualsiasi condizione.

Foto: EPA/Olivier Hoslet | I due commissari europei Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni durante la presentazione del nuovo Patto di stabilità

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