Guerra in Ucraina, il Papa di ritorno da Budapest: «È in corso una missione di pace». E vuole incontrare Kirill

Bergoglio promette un aiuto a Kiev per il rientro dei bambini deportati in Russia

Termina la missione di Papa Francesco in Ungheria. Durante il volo che, da Budapest, ha riportato il pontefice a Roma, all’aeroporto di Fiumicino, i giornalisti hanno avuto un lungo colloquio sul tema della guerra in Ucraina. La Santa Sede, è stato ribadito, ha in corso una missione di pace. «Credo che la pace si fa sempre aprendo canali, mai si può fare con la chiusura. Invito sempre ad aprire rapporti, canali di amicizia. Questo non è facile. Lo stesso discorso l’ho fatto con Viktor Orbán e un po’ dappertutto». Jorge Mario Bergoglio si è soffermato anche sui colloqui avuti, riguardo al conflitto, con il presidente ungherese e il metropolita Hilarion. Possono essere figure in grado di agevolare il dialogo con Mosca? «Abbiamo parlato di tutte queste cose, non certo di Cappuccetto Rosso. A tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto a fare tutto il necessario. Adesso è in corso una missione: per ora non è pubblica, ne parlerò quando sarà pubblica».


Sui dialoghi interrotti, Papa Francesco ha chiarito che l’incontro con Kirill si dovrà fare: «C’è in sospeso l’incontro col patriarca Kirill che dovevamo avere lo scorso anno in giugno a Gerusalemme. È stato sospeso per la guerra, ma questo incontro si dovrà fare». Sul rapporto con il patriarca, il Pontefice ha affermato che ha avuto modo di parlarci una sola volta dall’inizio della guerra, per 40 minuti. «Poi tramite il metropolita Antonij, che ha preso il posto di Hilarion: tramite lui tengo il rapporto con Kirill», ha raccontato. «Con la parte russa ho un rapporto buono con l’ambasciatore presso la Santa Sede, che adesso lascia dopo sette anni. Una persona colta, seria, molto equilibrata. Il mio rapporto con i russi sostanzialmente è con l’ambasciatore». Infine, il Pontefice ha anche promesso una mano all’Ucraina per il rientro nel Paese dei bambini deportati in Russia: «La Santa Sede ha fatto da intermediario in alcune situazioni di scambio di prigionieri, e tramite l’ambasciata è andata bene, penso che può andare bene anche questa. È una cosa giusta e dobbiamo aiutare, affinché questo non sia un casus belli, ma un caso umano. È un problema di umanità, prima di un problema di un bottino di guerra o di trasloco di guerra. Tutti i gesti umani aiutano, invece i gesti di crudeltà non aiutano. Dobbiamo fare tutto quello che umanamente è possibile».


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