Spiagge, i ritardi del governo su mappatura e tavolo interministeriale. Ma il 27 luglio i Comuni possono far partire le gare. Federbalneari: «Ci opporremo»

Il presidente dell’associazione di categoria spiega a Open: «Vanno tutelate le imprese famigliari, che costituiscono il 98% delle concessioni»

Il clima primaverile non è stato clemente con gli stabilimenti balneari. Non manca molto, però, all’arrivo del caldo e alla partenza della stagione turistica. E altrettanto poco tempo separa gli imprenditori del settore dalla data in cui i Comuni potranno indire nuovi bandi di gara per le spiagge: meno di tre mesi al 27 luglio, giorno indicato nel Milleproroghe per avere il margine sufficiente a una mappatura del demanio marittimo. Senza l’avvio del tavolo interministeriale sul tema, anch’esso previsto dal Milleproroghe, e la definizione dei criteri per riassegnare le concessioni e bandire le aree di nuova assegnazione, l’esecutivo rischia di tradire la scadenza che si è prefissato. «L’auspicio è che si acceleri perché, senza la garanzia di continuità, c’è un blocco degli investimenti e, quindi, della valorizzazione dei beni in concessione». A dichiararlo a Open è Marco Maurelli, presidente di Federbalneari Italia, che sollecita la convocazione di Palazzo Chigi affinché inizino i lavori del tavolo interministeriale e si acceleri la mappatura. L’indeterminatezza normativa di una materia sulla quale sono intervenute, con provvedimenti contraddittori, politica, magistratura e autorità europee, non piace nemmeno all’associazione di categoria. Anche il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, esorta la «presidenza del Consiglio a fare in fretta» nel convocare il tavolo.


Bloccare i Comuni nella riassegnazione delle aree demaniali

Federbalneari annuncia battaglia nel caso in cui i Comuni, attenendosi alla data del Milleproroghe, avviino le gare senza che sia stato definito un quadro di criteri chiari per l’assegnazione delle aree demaniali: «Bloccare le iniziative dei singoli Comuni è un punto per noi essenziale, vigileremo e siamo pronti ad attuare azioni di contrasto» afferma Maurelli. «A prescindere da tutto, le concessioni scadono il 31 dicembre 2024 e questo lo dice la legge sulla concorrenza. Se non ci sono i decreti specifici su come procedere, i Comuni non possono percepirli e quindi non dovrebbero avviare processi di riassegnazione o nuove concessioni. Devono aspettare una riforma complessiva e armonizzata con gli imprenditori che hanno già le concessioni». Tra gli “alibi” concessi al governo per questa lentezza nell’avvio del tavolo e nella finalizzazione della mappatura, potrebbe esserci l’attesa per la recente pronuncia dei giudici Ue: in caso di scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili, la Corte di Lussemburgo prevede la possibilità di combinare un approccio generale a uno sui singoli casi, basato su analisi dello specifico territorio costiero. Ed è su questo punto che i gestori degli stabilimenti credono che si possano allentare le maglie stringenti della direttiva Bolkestein.


I paletti di Federbalneari alla riforma

«Le interpretazioni legate alla sentenza della Corte di giustizia europea ci danno dei margini di ragionamento ulteriori. Il tema della definizione della cosiddetta scarsità della risorsa è importante», aggiunge Maurelli. Bisogna mappare oltre 70 mila chilometri di coste italiane e individuare i criteri per tutelarli: «Un altro aspetto rilevante è che la mappatura non riguarda soltanto il demanio marittimo, ma anche quello lacuale e fluviale. Le medesime regole individuate dal tavolo interministeriale devono valere per tutti. È complesso, ma è anche la strada giusta, quella della mappatura: i giudici europei hanno di fatto smentito il Consiglio di Stato che, nelle sue sentenze, aveva definito la scarsità con criteri generici, senza valutare caso per caso». Maurelli auspica che la convocazione di Palazzo Chigi arrivi a breve. E fissa i cardini imprescindibili affinché la riforma che preparerà l’esecutivo sia accettata dalla categoria. Il primo: «Tra gli strumenti per la salvaguardia del patrimonio demaniale, va considerato che il 98% delle imprese che hanno le concessioni sono a gestione famigliare. Vanno tutelate».

Alzare i canoni delle concessioni, ma abbassare l’Iva al 10%

Poi c’è il secondo punto, oggetti di battaglia politica oltre che tecnica da parte dei gestori italiani: «Non c’è reciprocità e armonizzazione in Europa: per noi è quasi impossibile partecipare alle gare in Croazia, in Grecia e in Francia». Maurelli rimprovera all’Unione europea di usare criteri diversi a secondo del paese: «L’armonizzazione è a macchia di leopardo. In Croazia, ad esempio, i beni demaniali sono molto protetti dalla costituzione, sulla Grecia non c’è tanta attenzione, forse perché il turismo è appannaggio delle imprese tedesche?», è il dubbio che si pongono i balneari italiani. «Perché l’Italia è così attenzionata da Bruxelles e altri Paesi no?». Terzo aspetto, quello della riforma dell’Iva e del prezzo dei canoni: «Siamo pronti a garantire almeno cinque volte di più gli introiti per lo Stato derivanti dalle concessioni. Siamo stanchi di sentirci dire che paghiamo troppo poco. Altresì, chiediamo che l’Iva, pagata dai clienti, al 22% venga portata alla stessa aliquota degli alberghi, dei campeggi e delle altre attività della filiera turistica, al 10%. Quel 12% di differenza non possiamo farlo pagare ai consumatori». La difficoltà del governo sarà nell’individuazione dei requisiti di tutela del patrimonio demaniale, «che non possono prescindere da una considerazione di chi, fino ad oggi, ha gestito in maniera egregia le spiagge italiane».

La critica al G20 delle spiagge italiane

Infine, Maurelli solleva una critica contro il G20 spiagge italiane, «network nazionale delle destinazioni balneari» con l’obiettivo di scrivere una riforma per lo status di città balneari. In questi giorni, ad Arzachena, è incorso il summit 2023. «Vi sembra normale che solo 20 spiagge italiane disciplinino questa materia? La categoria dei balneari è stata coinvolta in minima parte, non rappresentativa. Per una riforma di questo tipo, bisogna coinvolgere tutti gli attori interessati». L’associazione lancia una sua proposta: «Chiamiamolo G800 e coinvolgiamo i quasi 800 comuni italiani costieri per elaborare una proposta di legge più ampia e inclusiva. Chiediamo al governo di valutare questa nostra idea più collegiale di una proposta che arriva da appena 20 spiagge. Ricordando a tutti che, durante il Covid, i titolari delle concessioni hanno tenuto in piedi la filiera del turismo».

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