L’alluvione in Emilia-Romagna e gli interventi sui fiumi mai finiti a Ravenna: «E la legge di Bonaccini ha aumentato il consumo di suolo»

La Regione ha completato solo 12 delle 23 casse d’espansione previste per i fiumi. E intanto i permessi…

Le casse di espansione servono a mettere in sicurezza i comuni con corsi d’acqua a rischio. Due dovevano funzionare per il fiume Senio nel Ravennate. Per i comuni di Castel Bolognese, Cotignola, Lugo, Fusignano. Ma finora ne è stata realizzata soltanto una. Che non è ancora collegata al fiume. A Faenza invece ci sono. Ma il municipio ha rilasciato autorizzazioni a costruire a ridosso del Lamone. In sette anni la Regione Emilia-Romagna ha realizzato solo 12 delle 23 casse d’espansione previste per i suoi corsi d’acqua. Altre due non sono a pieno regime. Ma c’è di più. Paolo Pileri, professore ordinario di Pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano dice che nel 2017 la legge per delimitare il consumo di suolo approvata da Bonaccini lo ha aumentato.


Le casse d’espansione e i permessi

«Nel 2017 l’Emilia-Romagna ha approvato una legge urbanistica che aveva l’ambizione di delimitare il consumo di suolo, ma consentendone una quota predeterminata al 3%. Li avvisai che con le medie che già avevano, il 3% avrebbe fatto loro consumare negli anni successivi la stessa misura di suolo dei precedenti, aggravando il bilancio delle aree impermeabili», dice Pileri in un’intervista al Fatto Quotidiano. Nel colloquio con Elisabetta Ambrosi il professore ricorda che la provincia di Ravenna è la seconda per consumo di suolo in regione. E questo nonostante l’intera zona sia indicata come area alluvionabile dall’Ispra. «Noi continuiamo a giocare con i piani urbanistici comunali: non funziona. In questa polverizzazione decisionale, il singolo capannone sembra non contare ma la somma di tutti i capannoni produce un disastro», spiega Pileri.


La legge che manca

Pileri aggiunge che una legge sul consumo di suolo dovrebbe anzitutto «riconoscere che il suolo è un ecosistema, non una piattaforma al servizio delle costruzioni, degli interessi delle regioni e dei comuni. Servirebbe poi un monitoraggio attento delle aree dismesse e sottoutilizzate, anche residenziali, per concentrare le trasformazioni nelle aree già impermeabili e compromesse. Eppure avere questi dati oggi è impossibile». Per il professore «se una regione promette compensazione, prendendo il suolo per fare un’autostrada e spostandolo da un’altra parte, è una presa in giro. Dobbiamo fermare questo maledetto treno e capire se possiamo fare azioni migliorative, inventandoci meccanismi di benessere economico a consumo di suolo zero. Questa è la sfida, che ovviamente dà fastidio a molti interessi. L’unica grande opera che noi abbiamo è quella di tornare a un governo del territorio bilanciato dove le regole della natura comandano».

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