Emilia-Romagna, cosa c’entra il cambiamento climatico con le alluvioni e perché i “negazionisti” sbagliano

C’è chi travisa le parole del geologo Mario Tozzi per negare il ruolo del cambiamento climatico. Ma…

Gli eventi metereologici estremi sono sempre più frequenti. E, come già è accaduto in altre occasioni, assieme alla devastazione che portano arriva chi sostiene che il loro abbattersi sia un caso fortuito, slegato dal cambiamento climatico. Al centro di queste teorie, in questo caso, sono le recenti alluvioni che hanno colpito la Romagna, togliendo la vita a 5 persone. Scrive il collaboratore de La Verità Fabio Dragoni: «Ciò che voi chiamate #CambiamentoClimatico è semplice dissesto idrogeologico. Altrimenti dovreste concludere che questo esiste solo in Italia. E dimostrarvelo addirittura coi dati di Tozzi mi fa troppo ridere. Ma tanto non capite un cazzo». A sostegno della propria tesi, Dragoni pubblica uno stralcio di un articolo nel quale interviene il geologo del Cnr Mario Tozzi. Questo è quanto si può leggere:


Il terreno ‘costruito’ – sottolinea Tozzi – diventa sempre piu’ impermeabile: cosi’ quando piove, l’acqua anziche’ andare sotto, come natura vuole, resta in superficie. A Limone Piemonte abbiamo visto tutti le immagini di un’intera casa scivolata sul letto del torrente: ma come si fa a costruire li’ ex novo? Dice: e’ crollato anche un ponte romano (a Bagnasco, ndr). Ma a parte che e’ durato un po’ di piu’, anche i romani sbagliavano a volte…”. “Ogni volta siamo pronti a parlare di caso, a rifugiarci nel realismo magico come se il rischio naturale non esistesse – continua il ricercatore del Cnr – come se ogni frana fosse una sorpresa, quando l’Italia ne detiene il record europeo, 620 mila su 750 mila, con uno smottamento ogni 45 minuti e sette morti al mese


Avvalendosi di queste dichiarazioni, Dragoni sostiene che il cambiamento climatico non può essere una della cause del dissesto idrogeologico, dato che se così fosse, il fenomeno sarebbe localizzato «solo» all’Italia dato che è nel nostro Paese – commenta Tozzi nell’articolo – che si verifica la stragrande maggioranza delle frane. Bisogna innanzitutto notare che l’articolo citato da Dragoni è stato pubblicato nell’ottobre del 2020 dopo le alluvioni in Piemonte. Ad ogni modo, lo stesso Tozzi dice: «Se l’Italia ogni volta che piove più del normale – e accadrà sempre più spesso per effetto dei cambiamenti climatici – piange morti e devastazioni, non è colpa di un destino avverso ma della bulimia costruttiva che negli anni ha sacrificato pezzi sempre più grandi di territorio». Insomma, secondo il geologo gli effetti disastrosi sono da imputare al consumo di suolo e all’incuria, ma la frequenza di eventi meteorologici estremi con caduta di enormi quantità di pioggia aumenta di pari passo con la temperatura terrestre.

Quanta pioggia è caduta in Emilia-Romagna?

Ed è innegabile che la quantità di pioggia caduta sull’Emilia-Romagna nel mese di maggio sia eccezionale. Come analizzato dal centro di ricerca Meteo Expert e pubblicato sulla testata specializzata Icona Clima, la regione ha ricevuto in 17 giorni la pioggia che normalmente cade in almeno sei mesi. Si parla di 3-400 millimetri nella maggior parte delle aree, con punte che toccano i 500 millimetri in alcune zone. Per confronto, Faenza registra una media pluviometrica annuale di 760 millimetri, a Pesaro di 712 millimetri. Nella notoriamente piovosa Londra è di 690 millimetri. Questa quantità d’acqua è caduta nel corso di due principali eventi meteorologici. Il secondo, quello del 16 e 17 maggio è arrivato a pochi giorni dal primo del 2 e 3 maggio, quando già diverse aree erano andate sott’acqua. In quell’occasione, il terreno reso impermeabile dalla siccità degli ultimi mesi, aveva facilitato il ristagno delle precipitazioni che sono state assorbite più lentamente del normale. Una volta penetrata, l’acqua ha saturato il terreno, che non è riuscito ad impregnarsi della pioggia caduta successivamente.

Il ruolo del vento e l’esondazione dei fiumi

A ciò si sono aggiunti i venti in rotazione antioraria sull’Italia. Nello specifico, quelli provenienti da Sud-Est hanno sospinto verso nord l’acqua del mare Adriatico facendone innalzare il livello in maniera analoga a quanto avviene quando a Venezia si verifica il fenomeno dell’acqua alta. La forza del mare ha impedito il corretto deflusso dei fiumi alla foce, che sono quindi esondati più facilmente di quanto avviene di norma.

La smentita di Tozzi

In un articolo pubblicato il 17 maggio su La Stampa, proprio Tozzi smentisce la falsa opinione che Dragoni crea decontestualizzando le sue parole. «Non si tratta più di fenomeni inaspettati» – scrive il geologo – «ormai lo abbiamo compreso, si tratta di eventi comunque riconducibili alle azioni dei sapiens, in particolare di quelle attività produttive basate sulla combustione che hanno vomitato in atmosfera talmente tanta anidride carbonica da farci superare le 420 ppm (parti per milione), mentre fino agli anni ’50 del XX secolo mai si erano superate le 300 ppm. I “flash flood” (termine magari non concesso, ma molto efficace) sono figli dell’estremizzazione del clima che contrassegna l’attuale cambiamento climatico». Contattato da Open, il geologo è stato lapidario nei confronti di chi travisa le sue parole: «Non ho bisogno di contestualizzare. Sono problemi di chi male interpreta».

L’aumento delle alluvioni negli ultimi 10 anni

Guardando ai dati, si vede come negli ultimi 10 anni il numero delle alluvioni da piogge intense sia aumentati moltissimo. Secondo i dati raccolti nel rapporto Città Clima di Legambiente, sono state 10 nel 2012, 27 nel 2013 e mai di più fino al 2017. La situazione è cambiata dal 2018 quando sono state 73, seguendo poi un trend in crescita fino alle 105 del 2022. Nel 2023 si è arrivati a 16. Va notato come il maggior numero di alluvioni si sia verificato negli anni più caldi di sempre. Potrebbe trattarsi di una coincidenza, ma è certo che il cambiamento climatico sia alla base di un aumento degli eventi estremi. A certificarlo è il più importante documento sul tema il rapporto dell’IPCC, a cui Open ha dedicato un approfondimento. Nel report viene analizzata la correlazione esistente tra la quantità d’acqua che cade nel giorno più piovoso dell’anno e l’aumento della temperatura. Come mostrato nel seguente grafico, ad ogni decimo di grado in più nella temperatura terrestre, corrisponde un incremento della forza delle precipitazioni.

UN / IPCC Report – Grafico che mostra l’intensità di alcuni eventi

Il dissesto idrogeologico

Ad ogni modo, ciò non vuol dire che il cambiamento climatico sia l’unica causa dei danni visti in Emilia Romagna. La forza e la violenza delle precipitazioni aumenta, ma alla base dei problemi c’è anche l’incuria del territorio, la mancanza di manutenzione delle infrastrutture, l’eccessiva cementificazione e progettazione di opere pubbliche e private. A denunciarlo, oltre a Tozzi, sono anche i geologi della regione tramite il loro presidente Paride Antolini. L’importante, però, è ricordare che si tratta di cosa ha generato gli effetti del meteo estremo sul territorio. Ma cosa sia alla base dell’aumento nella frequenza di eventi come quelli che hanno messo in ginocchio l’Emilia Romagna, ci sono pochi dubbi.

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