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Rovigo, parla la prof colpita dai pallini: «Era ora che rivedessero i voti, ma quei ragazzi non hanno capito. Per loro contano solo i follower»

27 Giugno 2023 - 18:50 Redazione
maria cristina finatti rovigo
maria cristina finatti rovigo
La reazione della docente dopo l'abbassamento dei voti in condotta per i quattro studenti: «Gli altri docenti? Non mi hanno prestato alcuna solidarietà»

«Era ora che si rimettesse mano al voto di condotta». Con questa parole, la professoressa Maria Cristina Finatti ha commentato la decisione del consiglio di classe dell’Istituto Viola Marchesini di abbassare i voti in condotta – con un 7 e tre 6 – agli studenti che nel novembre scorso le spararono pallini di gomma, facendosi riprendere per di più con il cellulare, ferendola alla testa e a un occhio. Finatti ha detto a Il Messaggero di essere «contenta che il ministro dell’Istruzione sia intervenuto», ma «secondo me – continua la professoressa – quegli studenti non hanno ancora capito. Anche gli altri docenti non mi hanno prestato alcuna solidarietà: vedete l’esito di quel consiglio di classe». Il dietrofront sui voti – che dovrebbe escludere a questo punto la bocciatura – è arrivato dopo che il ministro Giuseppe Valditara aveva inviato un’ispezione e chiesto alla preside dell’istituto, Isabella Sgarbi, di riconvocare il consiglio di classe per rivalutare la situazione dei ragazzi. «Visti gli esiti della relazione degli ispettori e considerata la non corretta applicazione del Dpr 122/2009 e del regolamento di istituto – ha detto – ho avvertito l’esigenza di invitare la dirigente scolastica a riconvocare il consiglio di classe, al fine di riconsiderare in autotutela le decisioni prese». La professoressa ha fatto inoltre sapere di non «avere avuto modo di riparlare con i ragazzi» e di aver ricevuto «solidarietà soltanto dai genitori di altre sezioni, che chiedevano serietà su questa vicenda. Per loro era un gioco: a loro serviva solo per avere più follower. Tra scuola e famiglia serve un’alleanza vera: la famiglia non può lasciare un figlio lì senza sapere cosa fa o non fa. E servirebbero classi meno numerose», ha concluso.

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