L'ex moglie del Cav: «Le ragioni del divorzio non sono mai state legate a presunte volontà testamentarie di cui sono venuta a conoscenza in queste ore attraverso la lettura dei giornali»
Veronica Lario non era a conoscenza del testamento redatto da Silvio Berlusconi nell’ottobre 2006. Lario ha fatto sapere in una nota di non essere a conoscenza delle volontà espresse dall’ex marito «fino a due giorni fa», giorno in cui presso lo studio del notaio Arrigo Roveda è stato aperto il terzo e ultimo testamento del Cav. Una precisazione che arriva a seguito di un articolo di Repubblica, sottolineando che l’annuncio del divorzio del 2009 tra i due non è dovuto al testamento in questione. «Smentisco categoricamente quanto affermato da Repubblica di oggi che ipotizza una correlazione fra la volontà testamentaria di Silvio Berlusconi dell’ottobre 2006 e la lettera con la quale nel maggio del 2009 presi le distanze dai comportamenti del mio ex marito – fa sapere Lario in una nota ufficiale -. Non ero assolutamente a conoscenza allora del testamento olografo registrato dal notaio Arrigo Roveda nell’ottobre 2006, cosi come non ne ero a conoscenza fino a due giorni fa». E l’ex moglie di Silvio Berlusconi conclude: «Le ragioni del divorzio non sono mai state legate a presunte volontà testamentarie di cui, ribadisco, sono venuta a conoscenza in queste ore attraverso la lettura dei giornali».
Cosa prevedeva il testamento del 2006
Il primo testamento di Silvio Berlusconi depositato nello studio del notaio Arrigo Roveda risale al 2 ottobre 2006. Nello specifico, riguarda la destinazione della parte di eredità disponibile,che viene lasciata in parti uguali ai figli Marina e Pier Silvio, nati dal matrimonio del Cav con la prima moglie Carla Elvira Dall’Oglio, mentre la parte rimanente viene divisa in parti uguali tra tutti e 5 figli. Sostanzialmente, la decisione di affidare la maggioranza di Fininvest a Marina e Pier Silvio Berlusconi era già stata presa nel 2006. Nel primo testamento, scritto su carta intestata Villa San Martino, il Cav aveva scritto a mano: «Lascio la disponibile in parti uguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei 5 figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi».
Era fuori uso l’impianto di rilevazione dei fumi della Rsa «Casa dei coniugi» di Milano, dove la scorsa notte è divampato un incendio che ha ucciso sei persone e provocato diversi feriti. A rivelarlo è una foto pubblicata dal Corriere, che mostra un volantino di Proges, la società che gestisce il centro per anziani. «Si informa che a causa di alcune problematiche degli impianti di rilevazione fumi delle due strutture, nel turno notturno 21-7 (ove cala il personale) sarà presente in struttura un addetto di un’azienda specializzata nella lotta antincendio ad alto rischio», si legge nel volantino. Il sistema di sicurezza era quindi fuori uso nel momento dell’incendio, scoppiato probabilmente dal cortocircuito di un apparecchio elettronico presente nella camera 605. Secondo le prime ricostruzioni, l’incendio avrebbe danneggiato il letto di una delle degenti della Rsa e avrebbe poi sviluppato delle fiamme che hanno in poco tempo bruciato tutto ciò che stava intorno, comprese sacche di ossigeno, armadietti e carrozzine. L’ipotesi ora dovrà esser confermata o meno dalle analisi dei vigili del fuoco, che dovranno anche accertare da quale apparecchio siano partite le fiamme. A dare l’allarme attorno all’1.30 è stato un operatore del turno della notte. «Sono stata chiamata dalla reception verso le 3.30. La mia collega era disperata e piangendo mi chiedeva di venire a dare una mano», ha raccontato Elsa, una delle dipendenti della Rsa che ieri notte non era in turno. La donna ha anche rivelato di aver fatto presente all’azienda della necessità di avere più dipendenti per il turno notturno. «Abbiamo fatto una riunione del sindacato perché anche noi abbiamo paura di accudire tanti ospiti la notte – spiega Elsa -. La risposta della Rsa è stata che stavano vedendo, di portare pazienza perché avrebbero sistemato».
Le cause
Al momento, si ipotizza che l’incendio sia partito da una componente del letto della camera 605, che risulta essere il più danneggiato. Ma non si escludono altre cause, considerato che nella camera erano presenti diverse apparecchiature elettroniche. Intanto, il procuratore capo di Milano, Marcello Viola a margine del sopralluogo ha dichiarato: «Non ci sono elementi per pensare al dolo». Sulla vicenda è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo. «In una situazione come questa, c’è un’ipotesi di scuola: il fascicolo viene aperto come omicidio colposo plurimo. È un’ipotesi di partenza, essendoci sei persone decedute. Il punto di origine dell’incendio è il letto di una persona ricoverata; sull’innesco ci stiamo lavorando», ha aggiunto Siciliano, uscendo dall’Rsa. Non si esclude anche, secondo quanto riporta il Corriere, che sia stato una sigaretta accesa da una delle due pazienti. L’inchiesta punterà inoltre ad accertare che lenzuola, materassi e altre componenti interni, fossero ignifughi, resistenti alle fiamme e a norma visto il grande fumo che si è sprigionato. Gli investigatori sono al lavoro per chiarire infine quanti operatori stessero svolgendo il turno notturno, e se l’organico era sufficiente.
Le prime chiamate ai vigili del fuoco, scrive ancora il Corriere della Sera, sono arrivate intorno all’1.30 di notte. Le fiamme hanno interessato una sola stanza, le cui occupanti (due donne di 69 e 87 anni), sono morte carbonizzate. Le altre vittime sarebbero decedute a causa dell’inalazione del fumo. Complessivamente sono state portate in ospedale 81 persone: due in codice rosso, 14 in giallo e il resto in codice verde. Secondo le testimonianze degli inquilini attorno alla struttura, prima dell’arrivo dei vigili del fuoco molti anziani si erano affacciati alle finestre, con stracci e lenzuola a coprire la bocca per ripararsi dal fumo. Giunti sul posto, immediatamente i pompieri hanno spento le fiamme. Dopo di che hanno provveduto a mettere in salvo gli ospiti: molti non erano autosufficienti, i feriti sono stati portati fuori a braccia, utilizzando sedie a rotelle e barelle. «Verso l’una siamo intervenuti con quattro squadre e ci siamo trovati di fronte una situazione complicata da gestire», ha raccontato Nicola Micele, capo dei vigili del fuoco di Milano.« Il corridoio – ha aggiunto – era invaso dal fumo e c’erano fiamme che uscivano dalla stanza. Quindi ci siamo concentrati sullo spegnimento delle fiamme da un lato e dall’altro abbiamo cercato di portare in salvo il maggior numero di persone, chiaramente in un contesto particolarmente complicato dalla mancanza di visibilità per il fumo e dal fatto che parliamo di ospiti in parte non deambulanti».
Le reazioni
La vicenda ha presto scatenato le reazioni di politica e sindacati. Secondo lo Spi Cgil della Lombardia e di Milano, «questo tragico evento pone ancora una volta l’attenzione sulla sicurezza nei luoghi dove gli anziani, già di per sé persone fragili, risiedono». Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha spiegato che adesso si sta lavorando per ricollocare gli evacuati, anche velocemente. E si sta cercando posto nelle altre strutture del gestore, «perché ricordo che questa è una struttura del Comune ma data in gestione ai privati da tanti anni». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, su Twitter, ha voluto esprimere il suo cordoglio: «A nome mio e del Governo, esprimo massima solidarietà alle persone coinvolte nell’incendio divampato questa notte in una struttura per anziani a Milano. Sincere condoglianze ai familiari delle vittime e un augurio di pronta guarigione ai feriti».
Credits foto di copertina: ANSA/Mourad Balti Touati