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Per la giunta delle immunità parlamentari del Senato Maurizio Gasparri non diffamò Greta e Vanessa, le due volontarie rapite in Siria

11 Luglio 2023 - 21:54 Stefania Carboni
Per un tweet del 2015 il senatore risulta indagato per diffamazione. Palazzo Madama ritiene insindacabili le opinioni espresse dal forzista

La giunta delle immunità parlamentari del Senato ritiene insindacabili le opinioni espresse dal senatore Maurizio Gasparri (FI) in un tweet pubblicato il 18 gennaio 2015 rivolto a Vanessa e Greta, le due volontarie italiane rapite in Siria nella notte tra il 31 luglio e il 1 agosto 2014 e liberate il 15 gennaio 2015. La giunta delle immunità ha dato mandato al relatore Sergio Rastrelli (FdI) di redigere una relazione che verrà votata dall’Aula per dare l’ultima parola su questo caso. Resta da capire come mai, dal 2015, se ne parli anni dopo, nel 2023.

Maurizio Gasparri e il tweet contro Vanessa e Greta

Il senatore Maurizio Gasparri risulta indagato per il reato di diffamazione col mezzo della stampa, a seguito della querela sporta da Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, per un tweet in cui il parlamentare azzurro scriveva: «#VanessaGreta sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo! @forza_italia». Ovviamente sia la storia del sesso con i propri sequestratori che quello di aver subito violenza sessuale durante il periodo del rapimento è una fake news assurda che rimbalzò tra i blog bufalari e di estrema destra dell’epoca. «È una notizia che ho trovato su un sito: “Piovegovernoladro”. Mi sono limitato a chiedere se fosse vero», commentò poi il senatore raggiunto da Repubblica. «Ho letto la notizia. Mi sono limitato a chiedere – aggiunse – se fosse vera. Peraltro, a una persona che mi ha offeso per quelle parole, ho scritto di vergognarsi. E come ho detto a lui, ripeto a voi: un sito riportava che lo avevano detto le due ragazze ai pm. Ho anche scritto che spero non sia vero. Io registro e chiedo. Non ho affermato nulla». Sul pagamento per un riscatto, invece, ci sono state varie ricostruzioni di differenti giornali, italiani e non. Versioni che non sono mai state confermate né dai servizi e nemmeno dal ministero degli Esteri, che ha seguito passo per passo il caso delle due italiane.

La questione del riscatto

Le due italiane, entrambe ventenni, arrivarono in Siria il 28 luglio 2014 con il progetto Horryaty, per fornire in loco aiuti medici e sanitari. Furono rapite nel nord del Paese e rimasero sotto sequestro per 150 giorni prima della loro liberazione. Secondo alcune testate giornalistiche, tra cui il Guardian, la liberazione sarebbe avvenuta dietro il pagamento di un riscatto da parte dell’Italia. Il 5 ottobre 2015 l’Ansa rese noto di aver «ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki nella provincia di Atareb». Hussam Atrash, uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al-Islam, operante nella zona in cui furono prelevate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo – secondo la condanna del “tribunale islamico” del Movimento “Nureddin Zenki” – si era appropriato di 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari. I restanti 7 milioni e mezzo sono stati spartiti tra i restanti signori della guerra locali. Hussam Atrash per questa strana vicenda, la cui provenienza di denaro è sempre rimasta ignota ma su cui si fecero delle illazioni, fu accusato di truffa. Il Giornale.it precisò che la stessa storia, con le medesime cifre, fu pubblicata dalla testata nelle settimane precedenti anche da “al-Quds al-Arabi”, giornale con sede a Londra. QN (Il resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno) sostenne invece che dietro il riscatto fossero stati pagati «20 milioni di dollari». La Farnesina chiuse la vicenda precisando come le supposizioni fossero prive di fondamento. Ritenne «di non dover commentare supposte fonti giudiziarie di Aleppo o del sedicente tribunale islamico del movimento Noureddin Zenkin», dichiarando che «in ogni caso non risulta nulla di quanto asserito».

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