Inchiesta corruzione in Sicilia, il presidente dell’Ars: «Non mi dimetto, l’indagine non è conclusa»


Lontano dai riflettori nazionali, l’inchiesta per corruzione e peculato che ha coinvolto il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, è ad un primo punto di svolta. Oggi, 1 luglio, si è tenuto il dibattito del parlamento siciliano e Galvagno, eletto con Fratelli d’Italia, ha ribadito di non volersi dimettere, sebbene nei giorni scorsi sia emerso che sul suo tavolo, ormai da gennaio, c’è un avviso di garanzia per corruzione e peculato.
Le parole di Galvagno
«C’è chi mi chiede di fare un passo indietro e chi di fare due passi in avanti. Se domani decidessi di dare seguito alla richiesta di dimissioni finirei per affermare un principio discutibile: quello che un messaggio attraverso canali digitali possa avere più peso della nostra Costituzione. Stiamo parlando di una indagine che non è ancora conclusa e che dovrà passare da uno o più gradi di giudizio. Sono molto prudente”, ha detto Galvagno in aula.
Le dimissioni dell’assessora
Nelle ultime ventiquattrore di dimissioni legate all’inchiesta della procura di Palermo, però, ne sono arrivate. Prima di tutto da parte dell’assessora al Turismo, Elvira Amata, anche lei iscritta al registro degli indagati per corruzione. E poi della portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani, collaboratrice di Galvagno dal 2022. L’inchiesta è nata dalle polemiche legate alla mostra che la Regione Sicilia doveva tenere a Cannes nel 2023: un incarico poi revocato dal governatore, Renato Schifani, in seguito alle polemiche relative ai costi dell’iniziativa (circa 200mila euro).
Le accuse dell’opposizione
Nel corso del dibattito in aula, il parlamentare siciliano Antonello Cracolici, presidente della Commissione Antimafia ed esponente Pd ha accusato l’intero gruppo di FdI in Sicilia: «Quello che emerge è che Fratelli d’Italia, che ormai ripetutamente viene coinvolta negli scandali del settore del turismo, tanto da essere definita la corrente ‘turistica’, governa questo ambito non solo in Sicilia, ma anche in Italia. Trovo inaccettabile l’idea che si voglia far passare il parlamento come un luogo criminogeno, per cui si fanno leggi ad hoc, questo è un insulto alla funzione propria di un parlamento, anzi rivendico il principio che questo parlamento rappresenta gli interessi e le categorie sociali della Sicilia. Diverso è se qualcuno pensa di usare le leggi per utilità personali».