Cilento, 18enne picchiata e minacciata dalla famiglia marocchina perché «troppo occidentale»: la fuga da casa dopo la maturità

La ragazza è scappata dopo aver sostenuto l’esame ed è stata presa in carico dai servizi sociali

Ha concluso l’esame di maturità con il massimo dei voti, ha varcato il cancello del liceo scientifico “Da Vinci” di Vallo della Lucania, e ha fatto perdere le sue tracce. È la storia di Amina C., 18enne di Velina, una piccola frazione del comune di Castelnuovo Cilento, nata da una famiglia di origine marocchina. Al termine dell’esame di Maturità, Amina ha deciso di chiudere un capitolo della sua vita, quello con la sua famiglia. La giovane, orfana del papà ormai da tempo, in casa ha subito abusi verbali e fisici, ed è stata ripudiata dalla famiglia perché i suoi comportamenti erano ritenuti «troppo occidentali», sia per via del suo abbigliamento, sia per essersi innamorata di un giovane del posto. «Hai portato disonore alla famiglia», «Se fosse ancora vivo papà ti avrebbe odiato, l’hai deluso», «Ora ti odiamo tutti e per noi sei morta», sono alcune delle frasi che la famiglia le ha rivolto dopo aver scoperto tre mesi fa che la giovane aveva una storia d’amore con un giovane. Dopo la sua scomparsa, la famiglia lancia l’allarme. Ma per giorni risulta irreperibile, non la si trova e si teme che possa aver compiuto un gesto estremo.


Il racconto di Amina

A metà luglio la giovane decide di riapparire, raccontando la sua storia in una lunga lettera e lanciando una raccolta fondi per potersi sostenere e mantenersi gli studi in Medicina. «Appena tornata a casa ho provato una paura indescrivibile. Incrociavo solo sguardi d’odio, di delusione e di rabbia. Iniziarono le urla che riuscirono a lacerare qualcosa di più del silenzio. Mia sorella ha iniziato a picchiarmi in faccia e a tirarmi per i capelli portandomi a terra. Io riuscivo solo a piangere non riuscivo a difendermi. Non volevo farlo», scrive la 18enne, che racconta i maltrattamenti che avrebbe subito in famiglia, «mi hanno subito detto che per me la scuola è finita, che non ci sarei più andata anche se avessi supplicato fino alla morte. Mi volevano privare della cosa più importante della mia vita: l’unico posto in cui potevo dimostrare le mie capacità e in cui potevo essere me stessa». La ragazza spiega poi di essere riuscita a convincere i familiari a mandarla a scuola, almeno l’ultimo mese prima del diploma. Ma doveva rendere conto degli orari, degli spostamenti, di tutto. Non era più libera. Si è fatta quindi aiutare dagli assistenti sociali che l’hanno portata in una struttura ma lì «non sono riuscita ad ambientami e allora ho deciso di uscire. Ora sono da sola con pochi soldi e devo pensare al mio futuro». Del caso è stato informato anche il sindaco Eros Lamaida, che a marzo le aveva dato la cittadinanza italiana: «È una vicenda triste, conosco la famiglia. Ad Amina abbiamo dato la cittadinanza italiana lo scorso 14 marzo e quel giorno era molto felice», riferisce il Corriere del Mezzogiorno. Contattato da Open, Lamaida ha aggiunto: «Conoscevo il padre di Amina, morto alcuni anni fa, era una bravissima persona. La ragazza è a carico del centro Anti Violenze ma non so dove si trovi in questo momento. Come Comune e come comunità, voglio far sentire la nostra vicinanza ad Amina e ricordarle che siamo a sua disposizione per qualsiasi esigenza». Sarebbe in corso, da parte della Procura, un’indagine sul caso.


Foto di copertina: Amina C. su GoFundMe

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