Siria, cure negate a centinaia di malati di cancro: proteste al confine con la Turchia. Cosa sta succedendo

Dopo 5 giorni di manifestazioni, Ankara ha concordato un accesso scaglionato dei malati, ma avverrà nei prossimi due mesi

Centinaia di malati di cancro stanno morendo senza cure nel Nord-Ovest della Siria. Così i pazienti oncologici si sono riuniti e hanno protestato per cinque giorni consecutivi, a seguito dei quali oggi 26 luglio la Turchia ha concordato un accesso scaglionato delle persone malate che avverrà nel corso dei prossimi due mesi. Secondo quanto riferisce l’organizzazione indipendente Still I Rise, sono 91 bambini, 235 uomini e 282 donne a non avere accesso ad alcun trattamento nel Nord Ovest della Siria. La situazione è precipitata con i terremoti che hanno interessato la regione in questi mesi. Prima del terremoto, infatti, Ankara consentiva l’ingresso ad alcune persone per essere curate nei suoi ospedali, ma dopo il 6 febbraio i malati oncologici non hanno potuto ricevere più alcuna cura.


Il corridoio umanitario bloccato dall’Onu

Nei giorni scorsi si è tenuta una manifestazione al valico di Bab al-Hawa, Nord Ovest della Siria, per protestare contro il mancato rinnovo dell’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza Onu all’utilizzo di questo corridoio per l’invio di aiuti umanitari vitali, a causa del veto della Russia, e contro le condizioni del governo di Damasco a concedere l’utilizzo del valico all’Onu a patto di un totale controllo degli aiuti da parte del regime stesso. Una condizione che sta mettendo a rischio i cittadini presenti nel Nord Ovest del Paese. Nelle manifestazioni di questi giorni si sono uniti anche diversi attivisti locali, oltre ad alcune associazioni per i diritti umani.


«Siamo rimasti soli»

«Bab al-Hawa è l’unico valico che garantisce la sopravvivenza di circa 6 milioni di persone nel Nord Ovest della Siria: più di due milioni di civili vivono nelle tende e dipendono totalmente dagli aiuti che arrivano attraverso questa frontiera», racconta Abdulkafi Alhamdo di Still I Rise, che ha preso parte alla protesta. «Onu, Russia e regime siriano stanno politicizzando questi aiuti con un voto, con l’obiettivo di farli arrivare attraverso il regime di Damasco. Russia e regime utilizzano però gli aiuti umanitari come un’arma per piegare la popolazione civile. Lo hanno già fatto ad Aleppo, a Ghuta e in tante altre aree», spiega l’esperto. Si dice soddisfatto che le manifestazioni sono riuscite a portare la Turchia a far entrare i pazienti, ma sottolinea che «nonostante non ci siano alternative, è necessario evidenziare che due mesi sono un tempo lungo». E conclude: «Il problema adesso è il lungo termine: continuiamo a vivere sotto scacco e con sempre meno aiuti dalla Comunità Internazionale. Abbiamo perso fiducia e il messaggio che arriva è chiaro: siamo rimasti soli».

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